Operare nelle Case del Parco
Nelle strutture periferiche dell’Ente Parco tra gli animatori c’è
una prevalenza di ragazze: il rapporto con gli uomini è di due a tre


“Lavorare nel Parco per il Parco” era il titolo di un precedente articolo che in
questa rivista avevamo dedicato alle Case del Parco, le strutture decentrate
sul territorio volute dall’Ente nel ’95 per fornire servizi sia ai visitatori esterni
che agli abitanti del territorio. Dopo due anni e mezzo le Case del Parco
sono una realtà consolidata: ce ne sono quindici in altrettanti Comuni nelle
tre Province interessate dal Parco: Norcia e Preci (Perugia), Visso Ussita,
Castelsantangelo, Fiastra, Bolognola, Cessapalombo, San Ginesio,
Pievebovigliana (Macerata), Montegallo, Montemonaco, Amandola,
Montefortino, Arquata del Tronto (Ascoli Piceno).
Le quindici Case sono gestite da undici cooperative di giovani che a suo
tempo parteciparono al concorso indetto dall’Ente Parco e oggi danno
un’occupazione a una settantina di persone. Facendo un rapido esame dei
numeri salta agli occhi il dato che nella stragrande maggioranza dei casi
c’è una netta prevalenza di ragazze tra i gestori - il rapporto è di due
a tre - anche se in soli tre casi le donne rivestono il ruolo di Presidente
della Cooperativa (Rosangela Censori ad Amandola, Sandra Lana a Fiastra
e Simona Balducci a Bolognola).
Le donne hanno voluto e saputo più degli uomini raccogliere il senso della
sfida “lavorare nel Parco per il Parco”? L’affermazione non è priva di fascino.
“Ma la spiegazione - dice Silvia Rotondi della Cooperativa “Monte Patino”
di Norcia che, con Patrizia Macrì della Cooperativa “Cime Azzurre” di
Arquata, è tra i coordinatori delle Case del Parco - sta forse nel fatto che
i ragazzi sentono più delle ragazze l’esigenza di impegnarsi in altre attività
più radicate nella cultura maschile di questi territori.
Oggi le Case del Parco sono impegnate nei servizi di informazione turistica,
di assistenza amministrativa alle attività del Parco, di animazione culturale
e divulgazione ambientale. Per adesso sono sostenute finanziariamente
dall’Ente Parco ma l’obiettivo è quello di renderle non solo autonome, ma in
grado di produrre ricchezza. Le prospettive sono buone anche perché le
varie strutture hanno finora dimostrato vivacità, competenza e qualità nelle
iniziative, ma il loro destino è evidentemente intrecciato con la capacità del
Parco stesso di consolidarsi nel territorio con creazione di infrastrutture e in
particolare di sentieri, con la valorizzazione delle risorse naturali,
artistico-architettoniche, con le attività economiche compatibili, con tutto
quello insomma che “fa” Parco Nazionale.
Le Case del Parco, ma non solo quelle, sono la dimostrazione che lavorare
nel Parco per il Parco è possibile: occorre però impegno e perseveranza nel
crederci. “Ho creduto nelle possibilità del Parco fin dall’inizio - ci dice
Rosangela Censori, Presidente della Coop “Il Chirocefalo” che ha in
gestione le Case di Amandola e di Montefortino -. Siamo partiti come
Centro di Educazione Ambientale di Legambiente quando il Parco non
c’era ancora e oggi, con la creazione delle Case del Parco, abbiamo la
soddisfazione di vedere che la strada da noi intrapresa è quella giusta.
Sono tanti però quelli che si sono persi per la strada, in cerca di certezze
economiche”.
Non mancano i problemi da risolvere e gli aspetti da perfezionare
sull’organizzazione delle Case del Parco: migliorare il sistema di rete
informativa tra le Case e l’Ente Parco e tra le Case stesse, organizzare
razionalmente la vendita dei prodotti tipici, coordinare le attività delle Case
per creare un’offerta differenziata nel territorio. Sul fatto che le prospettive,
sia pure a lungo termine, sono buone è d’accordo anche Antonella Forconi,
operatrice della Coop.“Volpe dei Sibillini” che gestisce la Casa del Parco
i Bolognola, anche se qui il contesto non è facile per il perseverare
di atteggiamenti di ostilità verso il Parco.
Molti i problemi anche a causa del terremoto, che aveva reso inagibile la
sede della Casa del Parco, ma la voglia di farcela è più forte. “La scelta di
lavorare qui - dice Antonella - è stata dettata dal mio amore per la natura
dalla mia formazione professionale come guida naturalistica. Credo
fermamente nelle possibilità di lavoro che il Parco può dare”. Anche
a Preci il terremoto ha reso inagibile la sede della Casa del Parco.
“Ma noi abbiamo continuato egualmente a lavorare - dice Michela
Tagliavento - soprattutto con gli alunni delle scuole perché in questa
situazione di disagio famiglie e insegnanti hanno un grande bisogno di
aiuto”. Proprio grazie all’impegno di queste ragazze alla fine di gennaio il
problema della sede è stato risolto: Bolognola e Preci hanno di nuovo la
loro Casa del Parco. “Credo fermamente nelle possibilità che il Parco
offre - dice con convinzione anche Loredana Dell’Orso della Casa del Parco
di Castelsantangelo, protagonista di un’iniziativa straordinaria: il coro delle
voci bianche del Parco - e la gioia di vedere i ragazzini cantare mi ripaga di
tante amarezze e mi fa pensare che il nostro impegno vada nella giusta
direzione”.
È la stessa convinzione che troviamo anche in Azzurra e in Barbara delle
Case del Parco di Pievebovigliana, giovanissime e tenaci animatrici.
Proprio in questa tenacia e in questo entusiasmo, diffusi tra tutti i giovani
che nel Parco vogliono operare, sta il futuro del Parco stesso .

(M.G.)
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