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La reintroduzione del pino mugo e dellabete bianco Nei monti Sibillini il patrimonio ovino ha, da sempre, costituito lelemento fondamentale delleconomia locale: una importante risorsa, che seppur ha contribuito a modellare, nel corso dei secoli, un paesaggio di assoluta bellezza, daltra parte ha determinato, con lampliamento delle aree pascolive leliminazione sistematica, avvenuta in circa duemila anni di attività, della fascia ad arbusti contorti che era posta al di sopra della faggeta. Un ambiente, questo, assai fragile e delicato in cui, fra le altre specie, era presente anche il pino mugo, così come è stato confermato dalle diverse analisi polliniche effettuate nei depositi finora esaminati per l'Appennino Umbro-Marchigiano e come si può osservare nei massicci montuosi della Maiella e della Camosciara in Abruzzo, ove alla faggeta segue la mugheta. Non solo, ma nei Sibillini era anche presente labete bianco che, nelle Marche risulta oramai essere rinvenibile unicamente a Bocca Trabaria nel pesarese e nella Valle della Corte, sui Monti della Laga. Negli ultimi decenni però si è registrata una progressiva rinaturalizzazione di quegli antichi paesaggi umanizzati che, tanto lentamente quanto inesorabilmente, a meno di eventuali quanto economicamente improponibili interventi esterni, stanno sviluppando verso nuovi assetti ed equilibri naturali. I segnali di questa ripresa della natura sono particolarmente evidenti sui versanti erbosi, soggetti in passato ad intense attività di pascolo e sugli antichi terreni una volta coltivati, dove sono comparsi il ginepro rosso, lacero campestre, il maggiociondolo od altre specie, addirittura arboree, come la roverella ed il faggio (processo della successione secondaria). Il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, nel seguire lo sviluppo di tali processi naturali, ha voluto assumere, in alcuni casi particolarmente importanti, la funzione di elemento catalizzatore proprio per favorire il determinarsi di nuovi equilibri che altrimenti, senza alcun intervento esterno, avrebbero richiesto tempi assai più lunghi. Fra questi, la reintroduzione del pino mugo e dellabete bianco: due progetti che sono stati peraltro avviati sin dagli inizi degli anni 90, quando lUfficio Parchi e Riserve Naturali della Regione Marche promosse, con lassistenza del Coordinamento Provinciale del Corpo Forestale di Ascoli Piceno, un progetto per la realizzazione di una Banca di Germoplasma, presso il Vivaio Forestale di Amandola, proprio con il compito di favorire la riproduzione (ex-situ) delle specie presenti nel territorio dei monti Sibillini o comunque da reintrodurre nellarea, come appunto labete bianco ed il pino mugo. I semi di queste due specie sono stati così raccolti, rispettivamente, nei massicci dei Monti della Laga e della Maiella e quindi seminati in fitocelle sterili grazie al Parco Nazionale dei Monti Sibillini, che con i fondi di cui allObiettivo 5B), ha provveduto anche all elaborazione di un progetto per la concreta reintroduzione delle due specie. È stata così individuata la località idonea alla reintroduzione, ovvero lalta Valle dellAmbro che, oltre a essere foresta demaniale regionale ed a presentare appropriate caratteristiche ambientali, garantiva, in termini gestionali, possibilità operative particolarmente convenienti. Linizio dei lavori per la reintroduzione delle due specie ha preso avvio l8 ottobre 1999: sono state così predisposte da una cooperativa locale, in maniera non geometrica, le buche dimpianto necessarie, ciascuna della dimensione di 30x30x30 cm. Quindi sono state poste a dimora circa 1.750 piantine di pino mugo unitamente ad altre 650 di abete bianco, oltre ad altre specie come il maggiociondolo (Laburnum alpinum), la frangola (Rhamnus alpina), il sorbo montano (Sorbus aria), luva ursina (Arctostaphylos uva-ursi), ecc. Le pianticelle, tutte in fitocella sono state disposte a dimora, su una superficie totale di 3,25.00 ha, in tre diverse zone della valle, denominate rispettivamente: La Pescolla, ovvero sul versante esposto a sud del Monte Castel Manardo (1917 m) ad unaltezza di circa 1500 m.; Casale Rinaldi, ai piedi del Pizzo Berro (2259 m) e del Pizzo Tre Vescovi (2092 m) ad unaltezza di circa 1600 m e con esposizione nord; Ara della Regina, sita ai piedi del M. Priora con esposizione nord e ad unaltitudine di circa 1400 m. Loperazione, con la quale si è voluto avviare un processo di progressiva colonizzazione di queste due specie nei Sibillini, sarà sviluppata nei prossimi anni anche in considerazione della necessità di effettuare i dovuti risarcimenti. Certamente questo intervento, unitamente ad altri che il Parco intende avviare, come ad esempio la reintroduzione del camoscio appenninico (Rupicapra pyrenaica ornata), potrà costituire anche un importante occasione per la riqualificazione naturalistica del territorio e quindi favorire una valorizzazione attenta ed ecologicamente responsabile dellintera catena dei monti Sibillini. Alfredo Fermanelli |
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