Il realismo dell’utopia
Dieci anni di Parco
Sulle orme di San Benedetto
Un Parco per l’Europa
La nuova gestione
delle Case del Parco
Aperto al pubblico il Centro
di Documentazione
della Mediateca dei Sibillini
La Carta Europea
del Turismo Sostenibile
Il Piano di interpretazione ambientale
Un progetto per
l’agricoltura sostenibile
L’agricoltura biologica
La reintroduzione
del pino mugo
e dell’abete bianco
Un premio d’oro
per la biodiversità
Il lupo nel Parco Nazionale
dei Monti Sibillini
Criteri per la protezione
del bestiame domestico
Un Parco per tutti:
il sogno diventa realtà
La sentieristica del Parco
I calendari del Parco
I quaderni scientifico-divulgativi
Notizie in breve
L’educazione ambientale
per ogni stagione
Amandola: l’isola inglese
Pievebovigliana:
il restauro di Palazzo Fani
Interventi del Parco
Dieci anni di progetti in sintesi
Sibillina e Berenice
Un Parco per tutti: il sogno diventa realtà

Il progetto un “Parco per tutti” ha ormai molti anni di vita. Ambizioso
ed innovativo esso può essere considerato l’inizio di un percorso che negli
anni ha cominciato a prendere forme sempre più definite e che ora segna
la strada per lo sviluppo del nostro territorio. Con questo progetto il Parco
si apre a tutti i visitatori offrendo una serie di opportunità all’escursionista
più esigente in cerca di spazi aperti ed incontaminati e all’appassionato
di arte o architettura e prestando particolare attenzione alle famiglie, agli
anziani e ai disabili. L’accessibilità è, infatti, uno degli elementi portanti
del progetto che ha come fine quello di rendere fruibili le bellezze naturali
ed artistiche del proprio territorio ad una fascia sempre più larga di utenze.
I primi finanziamenti, stanziati tra il 1996 e il 1998, sono stati concessi
CIPE, ma tanti altri sforzi economici sono stati e saranno convogliati su
questo progetto, a conferma della sua importanza strategica. “Un Parco
per tutti”, infatti, è un’idea che rimane aperta ad ogni forma di
ampliamento, è un po’ la filosofia che sta alla base della gestione
del nostro Parco.
Il Grande Anello dei Sibillini è la spina dorsale di questo progetto: un
anello escursionistico che si sviluppa a bassa quota lungo tutto il
perimetro del Parco passando per i centri abitati più suggestivi e offrendo
così la possibilità di coniugare le bellezze naturali alle grandi attrazioni
artistiche e culturali. In questo modo il Parco ha voluto creare un itinerario
naturalistico-culturale in grado di uscire dagli schemi del classico sentiero
escursionistico e di offrire la possibilità di vivere appieno il territorio.
Così, passeggiando lungo il Parco, potrete fermarvi un giorno in più in
questo o in quel paesino, magari scoprendo incuriositi il lavoro dei
carbonai di Cessapalombo oppure gustandovi lo splendido panorama che
si apre dal portico della Chiesa di Sant’Andrea a Campi Vecchio.
Il percorso è suddiviso in nove tappe giornaliere; ad ogni tappa è previsto
un rifugio escursionistico, cinque dei quali sono pronti per essere dati in
gestione e prima dell’estate saranno funzionanti: i rifugi di Cupi di Visso,
di Fiastra, di Colle Le Cese (tra Arquata e Forca Canapine) e di Campi
di Norcia saranno affidati in gestione dal Parco, mentre il rifugio di Colle
di Montegallo verrà affidato dal Comune con il quale è stata firmata una
convenzione. Il progetto prevede che da ogni rifugio partano anche
percorsi fruibili anche dai disabili: finora sono stati realizzati un percorso
che costeggia l’incantevole lago di Fiastra e un lungo itinerario di
eccezionale valore paesaggistico che parte da Forca di Presta sotto il
Vettore.
Il Grande Anello è stato studiato per scoprire e rivitalizzare gli antichi
borghi che fanno parte integrante del nostro Parco, la culla della nostra
gente e delle nostre tradizioni, ma anche l’elemento fondamentale su cui
lavorare per creare nuove opportunità economiche. Non a caso i rifugi
escursionistici collegati al Grande sono stati dislocati nelle aree più
marginali con l’obiettivo di dare nuovo impulso economico e sociale alle
piccole frazioni, finora tagliate fuori dai classici circuiti turistici e poco
valorizzate.
L’architetto Amos Masè è stato uno dei progettisti e, come gli altri, ha
mostrato una particolare sensibilità nel tradurre in realtà i valori
architettonici del nostro territorio: “Solo il rifugio di Garulla sorge su un
edificio nuovo. Tutti gli altri sono stati realizzati recuperando strutture
esistenti senza snaturarne i canoni architettonici. Uno dei punti di forza
del progetto, l’aspetto secondo me più importante, sta nel fatto che il
Grande Anello unisce idealmente una serie di piccole frazioni che da
oggi possono contare su un elemento di sviluppo economico
importantissimo ma, soprattutto, di stimolo sociale. Penso
all’escursionista che giunge a Cupi di Visso, o a Campi Vecchio, e che
scopre un piccolo gioiello rimasto nascosto”. I rifugi sono stati pensati
per essere accessibili ad ogni tipo di disabilità, “Questo è stato
l’elemento su cui il Presidente Graziani ha insistito di più - prosegue
l’Architetto Masè - così abbiamo cercato di rendere accessibile ogni
ambiente dei rifugi, senza dedicare degli spazi solo ai disabili. Ma
l’accessibilità è un cardine dell’intero progetto: i due percorsi per tutti
che partono dal Grande Anello sono un esempio avanzato di come si
possa garantire l’accessibilità nelle aree protette, che non è determinata
solo dalla pendenza o dal fondo, ma anche dalle tabelle informative, ad
esempio, che avvertono su quali tipi di difficoltà si possono incontrare.
La disabilità ha molte sfaccettature, può essere momentanea,
permanente, motoria o psichica. Importante è garantire a tutti almeno
una possibilità di vivere la natura”.
Il coordinamento del progetto è stato affidato ad Alberico Alesi, pioniere
dell’alpinismo nei monti Sibillini e coautore, insieme a Maurizio Calibani,
della guida più completa della nostra catena montuosa. L’architetto Alesi
ricorda con molto piacere il lavoro e l’impegno di tanti anni di
progettazione: “L’anello escursionistico è lungo 120 km; bene, noi lo
avremo percorso, zaino in spalla, almeno cinque volte! Abbiamo dovuto
valutare molte alternative per ogni tappa, dal momento che un conto è
progettare un sentiero sulla carta, altra cosa è realizzarlo. Per me, che
pure ho una certa pratica di montagna, è stata un’esperienza irripetibile:
al piacere di camminare all’aria aperta ho unito il piacere di instaurare il
contatto umano con la gente del posto. Quando abbiamo pensato alla
dislocazione dei rifugi - lavoro complicato, perché dovevamo coniugare
le esigenze del progetto con quelle dell’escursionista e suddividere
omogeneamente le tappe - siamo andati in giro per le frazioni a cercare
i caseggiati da restaurare ed adibire a rifugio; abbiamo conosciuto
moltissime persone e questo ci ha arricchito anche umanamente.
Ripensando a questa esperienza, è motivo di orgoglio pensare che noi
progettisti siamo stati anche i primi fruitori del Grande Anello”.


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