Il realismo dell’utopia
Dieci anni di Parco
Sulle orme di San Benedetto
Un Parco per l’Europa
La nuova gestione
delle Case del Parco
Aperto al pubblico il Centro
di Documentazione
della Mediateca dei Sibillini
La Carta Europea
del Turismo Sostenibile
Il Piano di interpretazione ambientale
Un progetto per
l’agricoltura sostenibile
L’agricoltura biologica
La reintroduzione
del pino mugo
e dell’abete bianco
Un premio d’oro
per la biodiversità
Il lupo nel Parco Nazionale
dei Monti Sibillini
Criteri per la protezione
del bestiame domestico
Un Parco per tutti:
il sogno diventa realtà
La sentieristica del Parco
I calendari del Parco
I quaderni scientifico-divulgativi
Notizie in breve
L’educazione ambientale
per ogni stagione
Amandola: l’isola inglese
Pievebovigliana:
il restauro di Palazzo Fani
Interventi del Parco
Dieci anni di progetti in sintesi
Sibillina e Berenice
Dieci anni di Parco
Intervista a Valerio Calzolaio

Nell’anniversario del decennale del Parco Nazionale dei Monti Sibillini
siamo a colloquio con il deputato diessino maceratese Valerio Calzolaio,
già sottosegretario del Ministero dell’Ambiente, uno dei protagonisti della
politica ambientale del nostro paese (oggi impegnato soprattutto nelle
tematiche internazionali) e fin dall’inizio tra i sostenitori della istituzione
del Parco.
Un Parco non ancora maggiorenne, ma comunque maturo,
in grado di “camminare” da solo?
Indubbiamente parliamo di una piccola istituzione, giovanissima,
e che nella sua memoria amministrativa non ha antenati illustri.
Un’esperienza che si è fatta da sé e che ha dovuto inventare trasparenza,
correttezza, indipendenza amministrativa. Tre obiettivi che ha
sostanzialmente raggiunto.
Un’istituzione, quella del Parco dei Sibillini, che si inserisce
in un sistema composto di numerosi Parchi.
È stata una scelta apprezzabile sotto questo punto di vista?
In un decennale è importante, per un’istituzione giovane, fare una
valutazione sull’utilità o meno di un altro ente, soprattutto alla luce della discussione che si sviluppò nei trent’anni precedenti alla sua nascita.
Il parco ha realizzato cose che nessun altro ente avrebbe potuto fare
e che sono state complessivamente utili alle nostre comunità.
E questo non era scontato. Non tutti erano d’accordo con la sua nascita.
Anche coloro che la osteggiarono, oggi possono serenamente dare atto
a chi ha voluto il Parco con grande determinazione, che in fondo aveva
visto giusto.
Questi dieci anni, a livello politico, sono stati quelli del bipolarismo.
Il Parco è figlio di quest’esperienza?
Direi di no, il Parco dei Sibillini non ha funzionato come un ente del
bipolarismo. Il parco non fa parte dei figli, più o meno legittimi,
di quest’esperienza, sia per come era stato pensato e strutturato dalla
legge quadro sui parchi, sia per come è stato realizzato da chi ne ha
concretamente promosso l’istituzione e gli organi direttivi, sia, mi sembra,
per come è stato gestito da chi è stato chiamato a svolgere incarichi di
direzione. È legittimo che le forze politiche dicano la loro, suggeriscano,
incalzino, sollecitino e critichino singole scelte, ma in nessun momento
di questi dieci anni si è configurata una piattaforma programmatica
alternativa fra le coalizioni di governo e di opposizione e di questo do un giudizio positivo. Ciò non significa auspicare il consociativismo, ma che
il tema consociativismo-alternativismo non è proprio del Parco, il quale
è un ente nominato dall’alto e sulla base di criteri per i quali la
competenza, il radicamento, le funzioni professionali vengono prima
dell’appartenenza politica.
Come valuta il funzionamento dei Parchi?
A mio avviso nel funzionamento, gli enti Parco - anche quello dei Sibillini,
magari meno che altri - sono stati vittime di una carenza di pratiche
democratiche. Ciò è il risultato, in parte, di come avvengono le nomine,
cioè dall’alto e per funzioni, ovvero da un collettivo che non si schiera sulla
scorta di alternative politico-programmatiche, ma la cui base democratica
è molto limitata. Si discute all’interno del Consiglio direttivo e della
Comunità del Parco, ma lì, inevitabilmente la dinamica democratica
langue perché sono enti di secondo livello, cioè non esiste una elezione
diretta. C’è una tentazione soggettiva (o una dinamica oggettiva)
a muoversi “dove ti porta il cuore”. Pur assumendo la buona fede di tutti,
questo non sempre consente di approdare a soluzioni democratiche.
Finanziamenti e occupazione. Che cosa hanno rischiato
gli enti Parco?
Un’annotazione a mio avviso positiva, ma che spesso non viene
apprezzata sufficientemente, riguarda il fatto che i parchi hanno avuto
pochi soldi e pochi dipendenti. Non si è fortunatamente creata, tra
chi aveva voluto l’istituzione, una spinta a farne dei baracconi per
distribuire denaro a destra e a manca e per assumere dimensioni occupazionali enormi. I parchi hanno bilanci ridotti, forse anche troppo,
così come hanno pochi occupati. Se in questi anni il ministero avesse
provveduto più velocemente a coprire le piante organiche per i parchi non
sarebbe stato male, perché complessivamente parliamo di alcune
centinaia di persone peraltro in grado di moltiplicare la forza lavoro.
Possiamo parlare quindi di disinteresse nei confronti dei Parchi?
Negli ultimi tre anni abbiamo assistito o alla stanca e inerziale
continuazione di alcune attività, giusto perché non si potevano tagliare,
o a un disinteresse per lo stato reale dei parchi. Questo è accaduto
anche perché ci sono state nomine lottizzate. Io mi auguro che in questa
seconda parte della legislatura il ministro cambi registro, si appassioni
di più alla materia, si affezioni maggiormente alle politiche ambientali.
Continuiamo a chiedere criteri di qualità per le nomine e un percorso
unitario democratico, corretto sul piano legale. Se ci saranno, il (prossimo)
cambio di governo non dovrebbe necessariamente vedere il mutamento
nella direzione dei parchi.


di Loretta Bentivoglio


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