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Dieci anni di Parco Intervista a Valerio Calzolaio Nellanniversario del decennale del Parco Nazionale dei Monti Sibillini siamo a colloquio con il deputato diessino maceratese Valerio Calzolaio, già sottosegretario del Ministero dellAmbiente, uno dei protagonisti della politica ambientale del nostro paese (oggi impegnato soprattutto nelle tematiche internazionali) e fin dallinizio tra i sostenitori della istituzione del Parco. Un Parco non ancora maggiorenne, ma comunque maturo, in grado di camminare da solo? Indubbiamente parliamo di una piccola istituzione, giovanissima, e che nella sua memoria amministrativa non ha antenati illustri. Unesperienza che si è fatta da sé e che ha dovuto inventare trasparenza, correttezza, indipendenza amministrativa. Tre obiettivi che ha sostanzialmente raggiunto. Unistituzione, quella del Parco dei Sibillini, che si inserisce in un sistema composto di numerosi Parchi. È stata una scelta apprezzabile sotto questo punto di vista? In un decennale è importante, per unistituzione giovane, fare una valutazione sullutilità o meno di un altro ente, soprattutto alla luce della discussione che si sviluppò nei trentanni precedenti alla sua nascita. Il parco ha realizzato cose che nessun altro ente avrebbe potuto fare e che sono state complessivamente utili alle nostre comunità. E questo non era scontato. Non tutti erano daccordo con la sua nascita. Anche coloro che la osteggiarono, oggi possono serenamente dare atto a chi ha voluto il Parco con grande determinazione, che in fondo aveva visto giusto. Questi dieci anni, a livello politico, sono stati quelli del bipolarismo. Il Parco è figlio di questesperienza? Direi di no, il Parco dei Sibillini non ha funzionato come un ente del bipolarismo. Il parco non fa parte dei figli, più o meno legittimi, di questesperienza, sia per come era stato pensato e strutturato dalla legge quadro sui parchi, sia per come è stato realizzato da chi ne ha concretamente promosso listituzione e gli organi direttivi, sia, mi sembra, per come è stato gestito da chi è stato chiamato a svolgere incarichi di direzione. È legittimo che le forze politiche dicano la loro, suggeriscano, incalzino, sollecitino e critichino singole scelte, ma in nessun momento di questi dieci anni si è configurata una piattaforma programmatica alternativa fra le coalizioni di governo e di opposizione e di questo do un giudizio positivo. Ciò non significa auspicare il consociativismo, ma che il tema consociativismo-alternativismo non è proprio del Parco, il quale è un ente nominato dallalto e sulla base di criteri per i quali la competenza, il radicamento, le funzioni professionali vengono prima dellappartenenza politica. Come valuta il funzionamento dei Parchi? A mio avviso nel funzionamento, gli enti Parco - anche quello dei Sibillini, magari meno che altri - sono stati vittime di una carenza di pratiche democratiche. Ciò è il risultato, in parte, di come avvengono le nomine, cioè dallalto e per funzioni, ovvero da un collettivo che non si schiera sulla scorta di alternative politico-programmatiche, ma la cui base democratica è molto limitata. Si discute allinterno del Consiglio direttivo e della Comunità del Parco, ma lì, inevitabilmente la dinamica democratica langue perché sono enti di secondo livello, cioè non esiste una elezione diretta. Cè una tentazione soggettiva (o una dinamica oggettiva) a muoversi dove ti porta il cuore. Pur assumendo la buona fede di tutti, questo non sempre consente di approdare a soluzioni democratiche. Finanziamenti e occupazione. Che cosa hanno rischiato gli enti Parco? Unannotazione a mio avviso positiva, ma che spesso non viene apprezzata sufficientemente, riguarda il fatto che i parchi hanno avuto pochi soldi e pochi dipendenti. Non si è fortunatamente creata, tra chi aveva voluto listituzione, una spinta a farne dei baracconi per distribuire denaro a destra e a manca e per assumere dimensioni occupazionali enormi. I parchi hanno bilanci ridotti, forse anche troppo, così come hanno pochi occupati. Se in questi anni il ministero avesse provveduto più velocemente a coprire le piante organiche per i parchi non sarebbe stato male, perché complessivamente parliamo di alcune centinaia di persone peraltro in grado di moltiplicare la forza lavoro. Possiamo parlare quindi di disinteresse nei confronti dei Parchi? Negli ultimi tre anni abbiamo assistito o alla stanca e inerziale continuazione di alcune attività, giusto perché non si potevano tagliare, o a un disinteresse per lo stato reale dei parchi. Questo è accaduto anche perché ci sono state nomine lottizzate. Io mi auguro che in questa seconda parte della legislatura il ministro cambi registro, si appassioni di più alla materia, si affezioni maggiormente alle politiche ambientali. Continuiamo a chiedere criteri di qualità per le nomine e un percorso unitario democratico, corretto sul piano legale. Se ci saranno, il (prossimo) cambio di governo non dovrebbe necessariamente vedere il mutamento nella direzione dei parchi. di Loretta Bentivoglio |
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