Il realismo dell’utopia
Dieci anni di Parco
Sulle orme di San Benedetto
Un Parco per l’Europa
La nuova gestione
delle Case del Parco
Aperto al pubblico il Centro
di Documentazione
della Mediateca dei Sibillini
La Carta Europea
del Turismo Sostenibile
Il Piano di interpretazione ambientale
Un progetto per
l’agricoltura sostenibile
L’agricoltura biologica
La reintroduzione
del pino mugo
e dell’abete bianco
Un premio d’oro
per la biodiversità
Il lupo nel Parco Nazionale
dei Monti Sibillini
Criteri per la protezione
del bestiame domestico
Un Parco per tutti:
il sogno diventa realtà
La sentieristica del Parco
I calendari del Parco
I quaderni scientifico-divulgativi
Notizie in breve
L’educazione ambientale
per ogni stagione
Amandola: l’isola inglese
Pievebovigliana:
il restauro di Palazzo Fani
Interventi del Parco
Dieci anni di progetti in sintesi
Sibillina e Berenice
Sulle orme di San Benedetto
Intervista al Priore della Comunità Benedettina di Norcia

Padre Cassian Folsom, Priore della Comunità Benedettina di Norcia,
ci riceve nella foresteria dell’antico Monastero di Norcia. Tra i mille impegni
che si susseguono nelle settimane che precedono i festeggiamenti per
il Patrono d’Europa, trova il tempo di fare una breve chiacchierata con noi.
La sua Comunità si è insediata nel dicembre del 2000, data storica per
Norcia che finalmente ospita una comunità monastica capace di
perpetuare la forte vocazione religiosa della città. È in Italia da vent’anni
e l’accento americano colorisce il suo perfetto italiano.
Si rende conto dell’importanza della vostra presenza per Norcia?
La presenza dei monaci è un simbolo, è il simbolo dell’identità della città,
che per tanto tempo non è stata completa. Questo è il motivo principale
dell’accoglienza così calorosa che abbiamo ricevuto e che tuttora ci viene
manifestata.
Ci racconti brevemente come è arrivato in Italia e il vostro
insediamento qui a Norcia

Fui mandato a Roma nel 1984 dai miei superiori per studiare all’Università
Benedettina di S.Anselmo. A Norcia la presenza secolare dei monaci
benedettini fu interrotta nel 1810 dalle leggi Napoleoniche che
soppressero in tutta Europa la Comunità Benedettina dei “Celestini”.
Poi, nel 1824, Norcia divenne Diocesi e il Vescovo prese la sua residenza
qui, in questo monastero; nel 1986 il Papa ha unito la diocesi di Norcia
con quella di Spoleto: da quella data il Monastero fu reso di nuovo
disponibile e rimase vuoto finché non arrivammo noi. L’Arcidiocesi
e il Comune hanno cercato per molti anni una comunità monastica che
venisse qui. Noi cercavamo disperatamente un luogo e a Roma - dove
nel 1998 è nata la nostra Comunità - non lo trovavamo. Noi in cerca
di un monastero e Norcia in cerca di Monaci, ecco come è nato questo
“matrimonio” di desideri.
Il Comune ha in programma ogni anno tante iniziative legate
alla figura di San Benedetto, prima tra tutte la festa del Patrono…
Non solo, abbiamo molte idee e molti progetti: il nostro sogno è quello
di realizzare un Centro Studi Benedettini qui a Norcia, coinvolgendo tutti
i comuni umbri che hanno una presenza monastica storica.
Oggi sono ancora progetti, per ora la nostra piccola Comunità concentra
i suoi sforzi sulla formazione dei giovani monaci.
Quest’anno la fiaccolata che si tiene in onore della festa di San Benedetto e che si conclude a Norcia partirà da Gerusalemme, una città segnata dalla guerra. La settimana prossima partirò per dare inizio alle celebrazioni.
Mi sembra di capire che Lei viaggia molto…
Una volta a settimana vado a Roma dove insegno all’Università
Benedettina, forse viaggio anche troppo! Questo movimento è un po’
un paradosso: noi facciamo il voto di stabilità ad un luogo, osserviamo
la clausura - una vita raccolta entro le mura del Monastero - ma allo
stesso tempo abbiamo orizzonti vasti e una rete di legami molto ricca
in tutto il mondo. Potete chiedere al postino di Norcia: le lettere
provenienti dai paesi più strani sono dirette al Monastero!
La parola di San Benedetto suscita grande richiamo nel mondo
anglosassone, anche oltreoceano da dove proviene lei,
ma il Santo è anche Patrono d’Europa. La sua figura può essere
considerata come un tratto di unione tra due mondi?

San Benedetto ha ancora molto da dire, lui conosce l’uomo fino in fondo
e nella regola spiega la lotta dell’uomo per correggere i suoi vizi e per
progredire, non solo nella santità religiosa, ma anche nell’umanità.
Se tutti seguissimo il suo insegnamento non ci troveremmo di fronte
ad un mondo così spietato. Purtroppo oggi abbiamo perso l’identità
dell’uomo, la cultura europea - la cultura occidentale in genere - ha
messo da parte Dio: è chiaro il desiderio di negare la pienezza della
natura dell’uomo e di accettare soltanto la parte esteriore.
Questo porterà dei frutti disastrosi, inevitabilmente.
“Ora et Labora”, la regola di San Benedetto, lega la vostra vita,
la vostra vocazione, alla natura.
San Benedetto organizza la vita del Monaco in sintonia con i ritmi naturali.
Le nostre giornate sono scandite dal sole: “Il mattutino”, la prima preghiera
della giornata, si deve fare sempre al buio, durante la notte, “le lodi”
partono con l’aurora. Tutte le preghiere che scandiamo durante la giornata
sono sempre in collegamento con il passaggio del sole; in estate, quando
le ore di luce sono maggiori di quelle di buio, l’orario del Monaco viene
aggiustato per rispondere ai ritmi naturali.
Per voi, quindi, è importante il fatto di trovarvi in un parco
nazionale, di essere circondati da una natura di straordinaria
bellezza?
Il monaco non può vivere senza la bellezza, per noi è il nutrimento
spirituale dell’anima. Norcia, circondata dalle montagne, è un posto
bellissimo. Rifletto spesso sul fatto che San Benedetto stesso, vivendo
qui e camminando tra queste montagne ha potuto cogliere il senso di
questo luogo. Per il monachesimo benedettino il luogo geografico è molto
importante: mentre i Francescani possono girare, muoversi, anzi fa proprio
parte della loro vocazione, il monaco mette le radici su un posto e rafforza
il proprio rapporto con il luogo.
I novizi che sono qui hanno un giorno libero alla settimana e ne
approfittano per andare in montagna, hanno l’opportunità di uscire dalla
normale routine e di sperimentare direttamente la bellezza della natura:
fa crescere il loro spirito e la loro fede. Io come Priore non ho tempo di
godere della bellezza della natura, ma spero di poterlo fare un giorno!
Il Priore deve tornare ai suoi impegni, ma prima di salutarlo lo informo
del fatto che il nostro Parco ha appena compiuto dieci anni. Con un bel
sorriso sul volto illuminato dai suoi magnetici occhi blu ci augura di
continuare così: “Auguri! Avete fatto molto finora…” le sue brevi ma
sincere parole. Mentre mi accompagna alla porta non riesco a trattenere
un’ultima domanda: “Padre, ma voi lavorate ancora la terra?” chiedo
incuriosito. Si ferma lungo il corridoio della foresteria, guarda verso la
vetrata che si affaccia sul piccolo cortile interno, e col solito sorriso
mi dice: “Il lavoro manuale è molto proficuo per lo spirito, ma… vede
questo cortile? È l’unico pezzo di terra che abbiamo!” .

di Michele Sensini


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