Le tappe del progetto camoscio



 

 

Tutto ha avuto inizio con lo studio di fattibilità realizzato dal WWF nel 1996 con il coordinamento di Fulvio Fraticelli e la supervisione scientifica di Sandro Lovari e Franco Pedrotti; da tale studio, i monti Sibillini “potrebbe costituire un vasto unicum ecologico per l’insediamento e il successivo sviluppo di una consistente popolazione di camoscio appenninico”. Il Piano d’Azione Nazionale per il Camoscio redatto nel 2001 dal Ministero dell’Ambiente segna l’avvio delle prime azioni concrete legate al ritorno del camoscio sui monti Sibillini; e così, grazie ai finanziamenti provenienti da un primo progetto LIFE, nel 2002 è stata realizzata l'area faunistica di Bolognola. L’area si estende per circa 3 ha sul versante esposto a sud del M. Sasso Tetto (1624 m), nella medio-alta Valle del Fiastrone, proprio sopra l’abitato di Bolognola. In questo luogo boscato e rupestre è ospitato, in stato di “semi-libertà”, il camoscio appenninico (Rupicapra pyrenaica ornata - una sottospecie del genere Rupicapra), che può quindi mantenere comportamenti e abitudini – anche nell’alimentazione e nella riproduzione - molto simili a quelli naturali. I primi due esemplari ospitati nell’area provengono dal Parco Nazionale della Majella e sono stati liberati nel mese di giugno del 2006. Oltre ad assolve ad esigenze di carattere didattico educativo e di promozione turistica, nell’area faunistica vengono sviluppate attività di ricerca scientifica e di screening genetico al fine di individuare gli esemplari da liberare in natura; è stato inoltre realizzato, in questi anni, un programma di nascite in semi-libertà che ha portato ad otto il numero di camosci.

Il 10 settembre del 2008 è avvenuta la prima immissione in natura di camosci appenninici nel territorio del Parco Nazionale dei Monti Sibillini; trasportati con un elicottero dell’Esercito Italiano dalla Val di Rose, nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, i camosci sono stati liberati begli ambienti d’alta quota del sottogruppo del monte Bove, nel Comune di Ussita, area che sulla base degli studi di fattibilità e alla luce dei primi due anni di monitoraggio è risultata ottimale. Nell’autunno del 2008 sono stati immessi, con tre distinte operazioni, un numero totale di otto camosci, tre maschi e cinque femmine, tutti provenienti dal Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. La seconda fase di rilasci è avvenuta nel mese di settembre del 2009, quando in natura sono stati immessi altri cinque esemplari provenienti, questa volta, dalle aree faunistiche di Lama dei Peligni, nel Parco Nazionale della Majella, e di Farindola nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Nel frattempo si registrano le prime nascite in natura nei monti Sibillini: nel giugno del 2009 i ricercatori del Parco avvistano due piccoli di camoscio che, al seguito delle loro mamme, fanno capolino tra le rupi del monte Bove. Nella primavera del 2010, poi, la definitiva conferma della bontà della scelta del sito di rilascio arriva grazie all’avvistamento di quattro nuovi nati: su cinque femmine in età riproduttiva la percentuale di natalità è altissima e viene vista come ottimo segnale per il futuro.