I confini delle aree protette:
il caso elblematico di Ragnolo
Il nostro punto di vista
sulle energie rinnovabili
Bioedilizia, solare termico
e biomassa: un modello
di efficienza energetica
Idroelettrico:
esperienze e confronto
di piccoli produttori
Gestione del cinghiale:
risultati del Piano triennale
e prospettive future
Risultati del Piano Territoriale
Il Parco aderisce
al Programma di Azione
per la tutela
dell'Orso Marsicano
Le trappole fotografiche
per il monitaraggio
della fauna
Il Programma triennale
di conservazione del lupo
e di altri carnivori
Tre giorni con i lupi
Strategia per lo sviluppo
turistico sostenibile:
si chiude il quinquennio
attuativo
Le novità nel settore
turistico per il 2008
Uno sguardo sulle attività
nel 2008
Tre giorni con i lupi

Studio con passione i lupi da almeno vent’anni. Ho tracciato spesso
e loro piste su neve per centinaia di chilometri senza mai avere un
incontro che non fosse soltanto una fuggevole apparizione. Ho invece
“dialogato” molte volte con loro durante le attività di ricerca, per mezzo
degli ululati, sia indotti (da strumentazioni specifiche), sia a voce,
imitando l’inconfondibile richiamo. Nel marzo 2005 io e il mio amico
Paolo Forconi, riuscimmo a fotografare a lungo due esemplari da lui
individuati in spostamento verso un’area di rifugio nell’Alta Valle del
Fiastrone e, nel mese successivo, durante l’attività di monitoraggio del
cervo, avevo osservato e fotografato due lupi che interagivano tra loro in
una radura dell’Alta Valle del Nera, dove poco prima pascolava un
giovane cervo. La coppia in questione, come scoprirò successivamente,
erano il maschio e la femmina alfa (dominante).
Il maschio aveva una coda corta e le zampe con i “calzini” bianchi,
mentre la femmina, più piccola, il dorso e le orecchie di colore marrone
rossiccio....
È il 13 dicembre 2005 e sono alla ricerca di un cervo con radiocollare
allontanatosi dall’area di rilascio. Cerco un posto adatto all’osservazione
e piazzo il cannocchiale. Su un crinale roccioso, a circa un chilometro
di distanza vedo un lupo sdraiato al sole; ogni tanto si stiracchia,
cambia posizione e ritorna a riposare.
Lo osservo e fotografo per due ore. Nei giorni seguenti in paese circolano
voci su ripetuti avvistamenti di lupi, per cui mi attivo ad eseguire un
sopralluogo: è il 20 dicembre e sta per iniziare, dal punto di vista
naturalistico, la più entusiasmante ed interessante sequenza di
osservazioni su lupo appenninico in natura.
Sono le otto del mattino, trovo la pista dei lupi passati nella notte e la
seguo per un tratto; la traccia sulla neve sfiora l’abitato, la temperatura
è abbondantemente sotto lo zero, mi fermo e sistemo cavalletto e
cannocchiale. Inizio ad osservare ogni possibile punto in cui i lupi
potrebbero riposare: magicamente mi appare un primo esemplare che se
ne sta accovacciato a ridosso di alcuni scoglietti incrostati di ghiaccio
sulla sommità di un colle sovrastato dalla Cima del Redentore.
Definisco l’immagine, la distanza è notevole, un chilometro almeno; ne
individuo un altro fino ad arrivare a contare quattro esemplari che sono
lì, allo scoperto, che riposano al sole. Il pensiero corre subito ai lupi
osservati da David Mech nell’isola di Ellesmere, nell’Alto Artico. Continuo
a spaziare con il cannocchiale quando sulla destra, quasi sulla cresta
di un colle non molto lontano dal gruppetto dei quattro lupi, un quinto
esemplare sonnecchia. Inizio a scattare foto in digiscoping, ossia
appoggiando la macchina digitale sull’oculare del cannocchiale.
Ogni tanto faccio una rapida pausa per riposare la vista e muovere mani
e piedi intirizziti dal freddo, mentre loro sono là che riposano,
apparentemente tranquilli, ma poi torno immediatamente all’osservazione.
Non posso perdere un istante, questa è l’occasione per studiare il branco
da vicino come raramente capita. Controllo l’ambiente circostante e poco
più a sud, su di un’altura dove il vento ha scoperto il suolo, piuttosto
mimetizzato, scopro un altro esemplare, sdraiato, con la schiena rivolta
verso di me. È il sesto, forse l’individuo osservato il 13 dicembre,
potrebbe essere un “omega”, un emarginato. La giornata è bellissima
e il freddo è pungente, tutto è immobile, siamo soltanto io e i lupi e le
montagne ammantate di neve. Sono passate circa quattro ore dall’inizio
dell’osservazione quando, all’improvviso, i quattro lupi interrompono la
“siesta”, si alzano, si stiracchiano e cominciano ad omaggiare i più alti in
grado; non riesco a distinguerli uno dall’altro tanta è la foga e
l’eccitazione con cui si muovono, poi un esemplare si stacca dal gruppo,
è la femmina alfa, la capo branco, tiene la coda alta e si incammina, tutti
la seguono. Va in direzione dell’esemplare che riposa non molto distante
e che ancora non si è accorto dell’arrivo del gruppo; due di loro gli sono
addosso e in maniera molto blanda affermano la loro supremazia su
questa ultima femmina che rimane seduta in sottomissione attiva (foto 3), appiattisce le orecchie e scodinzola come a spazzare il suolo. Scopro
con piacevole sorpresa che gli altri due sono il maschio con i “calzini
bianchi” e la coda corta e la femmina alfa che avevo osservato nel mese
di aprile (foto 4). Il gruppo si è riunito e si sposta (foto 5) verso la cima
del colle mentre il sesto esemplare (foto 6), che osserva da lontano,
decide anch’esso di spostarsi e conquistare un’altura a circa 600 metri
dalla famigliola. Arrivati sulla cima del colle (sono le ore 13.25) i lupi si
accovacciano al suolo tra le roccette affioranti, mentre due di loro iniziano
a giocare simulando assalti e rincorse. I tre giovani hanno circa 18/19
mesi, mentre la cucciolata dell’anno è andata perduta per cause naturali.
Questo dell’Alta valle del Nera è il nucleo mediamente più grande tra
quelli che studiamo nel Parco ed è composto anche da otto individui.
Intanto i nostri amici beatamente si crogiolano al sole per ore che,
tramontando, dipinge prima di arancio, poi di rosa e infine di viola le
montagne circostanti, sino a rendere l’ambientazione idilliaca (foto 7).
Il giorno seguente con me c’è Paolo e speriamo di ritrovare i lupi; anche
oggi è una bellissima giornata di sole e fa molto freddo. Osserviamo con
i cannocchiali le alture del giorno precedente: non ci sono lupi, ma delle
piste fresche, le seguiamo con il binocolo e finalmente compaiono i lupi,
anche se manca il sesto esemplare. Nella notte si sono allontanati,
infatti le orme provengono dalla valle di fronte al sito del giorno
precedente, poi si sono fermati in una zona pianeggiante tra i colli,
ed ora sono tutti accovacciati nella neve, reduci forse da una battuta di
caccia, di cui non sapremo mai l’esito.
Con Paolo ci scambiamo impressioni, formuliamo ipotesi, prendiamo
appunti di comportamenti quasi impossibili da osservare in natura...
Il gruppo di lupi è immerso in un sonno profondo?! Tutto è fermo,
immobile. Poi accade qualcosa: uno alla volta gli esemplari si destano
e si raccolgono tutti attorno alla coppia dominante, interagiscono
brevemente, poi si dispongono a 360° come se avessero percepito
qualcosa che a noi sfugge. Restano così per alcuni minuti, poi si
incamminano in fila indiana sulla neve indurita dal freddo, verso la cima
di un colle, per poi scomparire sul versante opposto. Per oggi
l’osservazione è terminata. Il mattino successivo sono di nuovo al mio
posto e i lupi sono sul pianoro dove erano il giorno precedente. Tutta la
zona è ricamata dalle piste lasciate dalle loro zampe. Vengo attratto da
un gruppo di animali accovacciati più in basso rispetto ai lupi, aumento
velocemente l’ingrandimento del cannocchiale e immediatamente si
materializzano tre bellissime volpi in “relax” a non più di 200 metri dai
lupi che, nel frattempo, cambiano posizione e si collocano più in alto.
La giornata trascorre velocemente, i lupi sono passati dal riposo totale
ad attività sociali interagendo tra di loro, specialmente gli esemplari
giovani. Uno di questi ha passato quasi un’ora a catturare arvicole,
balzando sul suolo innevato e scavando rapidamente, mentre il resto
del branco dormiva. La proficua giornata di osservazioni è al termine,
il sole sta tramontando e le montagne s’infiammano d’arancio, il gruppo
si desta dal sonno e tutti si avvicinano alla femmina alfa in uno stato di
euforia fatto di sottomissioni, leccamenti, annusamenti a cui gli alfa si
sottopongono volentieri per ribadire il loro status sociale. Il tutto sfocerà
in un profondo ululato emesso dalla femmina capobranco: è l’apoteosi di
tre fantastici giorni di osservazioni e ben 154 scatti fotografici, poi il
branco si allontanerà sul crinale della montagna per inoltrarsi in un bosco
di faggi di questi magici monti della Sibilla.

Massimo Dell'Orso


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