Due specie estinte del Parco  

 

L’ambiente del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, è frutto di un lento processo di antropizzazione del territorio; l’uomo ha cioè progressivamente modificato gli assetti naturali creando un paesaggio in cui i valori della storia e della cultura locale sono cresciuti in armonia con quelli della natura: rocche, abbazie e chiese solitarie sono fra le massime espressioni, di questa antica presenza umana.

  Le modifiche avvenute nel corso dei secoli hanno però, in alcuni casi, alterato gli equilibri naturali al punto da determinare la scomparsa di alcune specie sia vegetali che animali. Compito del Parco, oggi, è quindi di ricomporre progressivamente gli antichi equilibri in uno spirito di rinnovata convivenza fra uomo e natura.

Fra le specie che risultavano estinte dai Sibillini, oltre ai grandi ungulati per il quale il Parco ha già avviato diverse azioni finalizzate al loro ritorno, si annoverano l’Abete bianco e il Pino mugo; una specie quest’ultima distrutta dall’uomo insieme alla fascia ad arbusti contorti che era posta al di sopra della faggeta, al fine di ampliare le aree pascolive.

In tal contesto ha iniziato ad operare il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, che oltre che a garantire una protezione passiva del territorio ha sviluppato la propria azione catalizzando o addirittura avviando alcuni processi naturali che altrimenti, per realizzarsi, avrebbero richiesto tempi assai più lunghi. Il Parco ha cioè atttivato alcune azioni per la progressiva ricostituzione degli equilibri ecosistemici nel proprio territorio. Fra queste, di particolare significato, sia in termini floristici che vegetazionali, risultano la reintroduzione del pino mugo e dell’abete bianco.

 

 

 

 

 

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Revised -- 21/05/03
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