Uso sostenibile dellacqua dei Sibillini: verso una strategia condivisa I Monti Sibillini conservano uno straordinario patrimonio naturale di rilevanza europea, la cui tutela è affidata, oltre che al Parco Nazionale, istituito nel 1990, anche alle Regioni Umbria e Marche, che tra laltro sono tenute ad attuare alcune importanti direttive comunitarie in campo ambientale. Le aree di maggiore pregio del Parco, che comprendono anche lintero bacino di Castelluccio, sono infatti inserite in ben 18 Siti dInteresse Comunitario, istituiti ai sensi della direttiva habitat 92/43/CEE, e in 3 grandi Zone di Protezione Speciale, istituite ai sensi della direttiva uccelli 79/409/CEE. Nella conservazione degli ecosistemi e della biodiversità, le risorse idriche giocano un ruolo di fondamentale importanza, non solo per la vita degli animali e delle piante direttamente legate agli ambienti acquatici, ma anche per il mantenimento dei livelli di falda necessari a prevenire fenomeni di inaridimento del suolo che comporterebbero il degrado di boschi, foreste, pascoli e aree agricole. Per tale motivo, la legge quadro sulle aree protette (L. n. 394/91) vieta, tra laltro, la modifica del regime delle acque, mentre la L. n. 36/94 affida agli enti gestori delle aree protette il compito di definire, sentita lAutorità di bacino, le acque fluenti, sorgive e sotterranee necessarie alla conservazione degli ecosistemi, che non possono essere captate. Nellarea dei Monti Sibillini, le risorse idriche risultano già intensamente sfruttate per luso potabile e per molteplici attività economiche insediatesi nel territorio prima dellistituzione del Parco Nazionale, quali la produzione di energia idroelettrica e la troticoltura. In tale contesto, il prelievo di ulteriori considerevoli portate dacqua, come prevedono il vecchio progetto dellacquedotto del Nera e le nuove ipotesi di sfruttamento nellarea di Castelluccio, sebbene dettato dal crescente fabbisogno idrico, risulterebbe particolarmente critico. La situazione dei Piani di Castelluccio appare ancora più complessa se si considera che, a causa dei fenomeni carsici, una parte delle acque raccolte nei Piani penetrano in profondità, andando così ad alimentare anche importanti sorgenti e fiumi nelle valli circostanti, come la Valnerina, il Piano di Santa Scolastica, dove sorge la città di Norcia, e la Valle del Tronto. È pertanto evidente che lo sfruttamento di tali risorse idriche tramite pozzi da scavare in profondità per centinaia di metri, come ha recentemente annunciato il Consorzio Idrico del Piceno, oltre a produrre gravi e irreversibili danni ambientali nellarea di Castelluccio e nelle valli circostanti, avrebbe anche effetti imprevedibili sugli attuali utilizzi dellacqua che si ripercuoterebbero per lunghi tratti del Tronto e del Nera, interessando il Tevere. Inoltre, il drenaggio delle falde acquifere più profonde contribuirebbe ad esaurire velocemente proprio quelle preziose riserve dacqua la cui conservazione assume unimportanza strategica per le future generazioni. Non meno delicati appaiono i problemi connessi al trasferimento dacqua da un bacino idrografico ad un altro: sia i Piani di Castelluccio, sia le sorgenti del Nera, infatti, ricadono interamente nel bacino idrografico del Tevere, mentre le proposte riguardanti tali aree prevedono di convogliare le acque verso lAdriatico. Occorre quindi affrontare la gestione delle risorse idriche nellarea dei Sibillini, non tanto con tentativi empirici o colpi di mano, quanto alla luce di una conoscenza approfondita, tenendo comunque presente lesigenza di conservare gli equilibri ecologici e di mantenere o ripristinare i deflussi minimi vitali. A tal fine il Parco si è attivamente impegnato per promuovere una politica di concertazione con lAutorità di Bacino del Tevere e le Regioni Umbria e Marche, per lelaborazione di un piano delle risorse idriche. Considerato che il fabbisogno dacqua non potrà essere soddisfatto continuando a drenare acqua dalle montagne, è altresì necessario promuovere unefficace politica per il risparmio, così come peraltro previsto dalla citata L. n. 36/94, attraverso luso razionale dellacqua, la riduzione degli sprechi dovuti anche alle perdite degli acquedotti, molti dei quali risultano ormai obsoleti, e, soprattutto, attraverso la realizzazione della doppia rete che eviterebbe di utilizzare acque pregiate per scopi diversi da quello potabile. A.R. |
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