Lo stagno rosso
È ricomparsa nei Sibillini “Euglena sanguinea”
di Grazia Mandrelli

Così è la leggenda. Ridendo, i bambini del luogo raccontano che, mentre
dipinge l’arcobaleno, una delle piccole fate addette al rosso, la più
pasticciona, lascia sempre sgocciolare la vernice dal pennello. Così, goccia
a goccia, lo stagno sul fondo del Pian Perduto assume un colore carminio
incredibilmente intenso. Ma solo talvolta perchè, come l’arcobaleno può
essere veduto dai comuni mortali in momenti particolari, anche il laghetto,
a parte i mesi più caldi, conserva il suo normale colore verdastro.
Condizioni fisiche e chimiche precise, o qualcos’altro?
Difficile dirlo in un luogo, come la catena dei monti Sibillini, in cui la magia
e le leggende sono di casa.
Il prof. Ettore Orsomando, docente di geo-botanica presso l’Università degli
studi di Camerino, in una delle sue frequenti escursioni nel Parco
Nazionale, si è imbattuto per caso, tre anni fa, nella piccola pozza d’acqua,
circa 20 metri per 7, di colore assolutamente normale.
Quando dopo una settimana vi tornò per un sopralluogo, si trovò di fronte al
rosso magenta dell’acqua e capì di aver scoperto un fenomeno alghifero di
grande importanza.
“Una scoperta fortunosa ed occasionale - racconta - anche perchè quel
laghetto, situato sul fondo del Pian perduto, fa sicuramente parte dei bacini
carsici frequenti nella zona di Castelluccio di Norcia, ma non è neppure
segnato sulle carte ufficiali e soltanto gli abitanti del luogo, o chi vi si
imbatte per caso, lo conoscono”.
Formato da una depressione carsica, si riempie probabilmente di acqua
piovana e di acque confluite dallo scioglimento delle nevi. Lì si vanno ad
abbeverare cavalli ed altro bestiame e lì è ricomparsa la “Euglena
sanguinea”, l’alga che da giugno a settembre colora di un magnifico rosso
tutto lo stagno. Era un fenomeno già conosciuto sui Sibillini, scoperto dai
botanici Marchesoni e Paganelli nei pantani di Accumoli 30 o 40 anni fa e
poi scomparso.
“Lo stagno rosso, così lo abbiamo battezzato ufficialmente visto che non
era mai stato censito - spiega il prof. Orsomando - è al momento l’unico a
presentare un fenomeno del genere in tutto l’Appennino. Insieme
all’algologo Antonio Dell’Uomo, abbiamo pubblicato un lavoro “Lo stagno
rosso del pian perduto di Gualdo” nella collana dell’Università di Camerino
con il contributo dell’Ente Parco dei Monti Sibillini”. Il prof. Orsomando
continua a parlare con la passione trascinante ed entusiasta tipica degli
studiosi veri e ci spiega che la “Euglena” è un’alga finora nota per aver
“colorato” il lago di Tovel in Trentino, nella Valle degli Orsi. Un fenomeno,
però, che non si è più verificato dal 1965 a causa dell’inquinamento
ambientale. Che l’alga sia ricomparsa sui Sibillini potrebbe dunque stare a
testimoniare proprio la mancanza di inquinamento della zona e delle sue
acque. Il fenomeno potrebbe essere anche strettamente collegato
all’abitudine del bestiame di andare a bere nel piccolo stagno: si è notato,
infatti, che esiste una relazione tra questo fenomeno e la sostanza organica
lasciata dagli animali nelle immediate vicinanze o nello stagno. In ogni
caso, una volta comparsa, l’alga ha una capacità di riproduzione incredibile
e nel giro di poche ore riveste l’intera superficie dell’acqua col suo sontuoso
manto purpureo.
“Quando mi sono trovato di fronte a questa meravigliosa polla rosseggiante
- racconta ancora il professore - vi ho immerso le mani e mi sono accorto
che le alghe erano tante, dense e non riuscivo più a toglierle dalla pelle.
Un fenomeno particolarmente intenso - continua - che nel libro abbiamo
descritto accuratamente in ogni sua fase. I Sibillini non finiscono mai di
stupire. Abbiamo dedicato lo studio sulla “Euglena” al prof. Vittorio
Marchesoni, lo scopritore del famoso chirocefalo del lago di Pilato, perchè
questo botanico, col suo grande amore per la flora, aveva classificato 1.600
specie di piante presenti nei Monti Sibillini. Ci è sembrato un doveroso
omaggio”. Il prof. Orsomando non finirebbe più di parlare del suo laghetto,
aggiungendo particolari scientifici e spiegazioni tecniche che sono tutti ben
illustrati nel libro uscito alla fine di maggio. A noi però piace pensare che,
oltre alla scienza, la meraviglia di questa mutazione cromatica sia dovuta
anche alla magia di cui sono impregnati questi monti. Andate a vedere lo
“stagno rosso” in un giorno d’estate, uno di quei giorni in cui il tempo,
come spesso accade in montagna, cambia all’improvviso. Alla prima folata
di vento più freddo, messaggera del temporale e del buoio, il rosso carminio
del lago scompare repentino, come se non fosse mai esistito o come se
una mano veloce l’avesse raccolto, recuperato. Passato il temporale è
probabile che compaia l’arcobaleno, con il suo bel rosso intenso e con la
fatina maldestra che, di nuovo, quasi per gioco, ricolorerà il piccolo stagno.
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Lo stagno rosso
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