Gestione del cinghiale: ecologia o economia?
Il problema "cinghiale" attraverso la conoscenza del territorio,
la biologia e l'andamento dei danni. Il nuovo disciplinare
per l'indennizzo dei danni provocati dalla fauna selvatica

di Alessandro Rossetti

Grazie ad alcune sorprendenti caratteristiche biologiche che lo rendono
ecologicamente adattabile quasi a qualsiasi tipo di ambiente, il cinghiale
(Sus scrofa scrofa) è sicuramente, tra i grandi mammiferi europei, quello
che ha conseguito il maggior successo evolutivo.
Come in gran parte della Penisola anche nel Parco Nazionale dei Monti
Sibillini si è registrato, nel corso degli ultimi venti anni, un proliferare di
questa specie che ha raggiunto densità di popolazione tali da entrare in
conflitto con le attività agricole tradizionali e con le esigenze di
conservazione degli ecosistemi naturali.
I sistemi agricoli tradizionali che caratterizzano molti paesaggi appenninici,
come quelli della fascia collinare del Parco dei Sibillini, possono essere
definiti come “agro-ecosistemi” sui quali si reggono delicati equilibri
ecologici che garantiscono la sopravvivenza di importanti comunità animali
e vegetali. Ingenti danni alle colture quindi, oltre a costituire un’insostenibile
perdita economica e ad accentuare il fenomeno di abbandono delle terre
coltivate, possono tradursi anche in uno “squilibrio ecologico”.
Il forte incremento demografico del cinghiale è da attribuirsi non solo alle
sue naturali potenzialità di diffusione e adattamento, ma anche all’interesse
venatorio che, negli anni passati, ha incoraggiato alcune amministrazioni a
programmare ed effettuare introduzioni in molte aree del territorio italiano.
Programmi di questo genere, nonostante siano ormai comunemente ritenuti
inopportuni, vengono ancora realizzati in alcune aree appenniniche, ma il
fenomeno è decisamente più ampio se si considerano le immissioni
realizzate abusivamente. In questo senso le aree protette possono svolgere
un ruolo importante nel limitare tali immissioni.
La soluzione del problema “cinghiale” potrà essere trovata nell’attuazione di
una serie di misure che agiscano in sinergia tra loro. Oltre all’indennizzo dei
danni provocati dal cinghiale e all’abbattimento selettivo per il contenimento
della popolazione (secondo le disposizioni del D.M. 3.2.90 e della
L. 394/91), il Parco affronterà il problema anche attraverso la promozione e
il finanziamento (con i fondi relativi all’obiettivo 5b della Regione Marche) di
misure di prevenzione rappresentate da recinzioni elettrificate per la
protezione delle colture più colpite.
La conoscenza del territorio, della biologia del cinghiale e dell’andamento
dei danni provocati da questa specie deve essere comunque alla base di
ogni scelta gestionale. A tal fine il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, che
si avvale della collaborazione dell’Istitito di zoologia dell’Università di
Perugia, ha altresì avviato a partire dal 1997 un programma di monitoraggio
e informatizzazione dei dati ricavati dalle denunce, allo scopo di fornire utili
informazioni relativamente all’entità, alla distribuzione - nel tempo e nello
spazio - e all’andamento dei danni provocati dalla fauna selvatica
(figg. 1 e 2).
La gestione della specie cinghiale rappresenta, per tecnici e amministratori
di aree protette e non, un problema tanto complesso quanto stimolante per
gli aspetti sia ecologici che socio-economici da dover considerare;
un esempio tangibile di come i concetti di ecologia ed economia possano
essere a volte così legati da coincidere quasi.
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