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Parchi e cooperazione internazionale La tutela dei gorilla della foresta in un Parco della Repubblica Centrafricana di Carlo Alberto Graziani Un minuscolo campo in mezzo alla sterminata foresta del Parco Nazionale di Dzanga-Ndoki nell'estremo lembo sud-occidentale della Repubblica Centrafricana, tra Camerun e Congo. È la sede operativa di uno straordinario progetto: abituare alla presenza umana i gorilla della foresta, più timidi dei gorilla di montagna (quelli, per intenderci, studiati da Dyana Fossey), per permettere al visitatore di conoscere questo splendido animale, pressoché inavvicinabile. Il progetto - frutto della collaborazione tra il governo locale, il WWF internazionale e la Cooperazione tecnica tedesca - se presenta qualche rischio perchè potrebbe rende più vulnerabile al bracconaggio una specie oramai in estinzione, rappresenta un elemento molto importante nella strategia di sviluppo sostenibile che sola è in grado di eliminare le condizioni che portano allaggressione delle risorse naturali. Sotto la direzione di una giovane ricercatrice italiana, Chloè Cipolletta, operano nel campo altre ricercatrici - sempre più importante il ruolo della donna nelle politiche di conservazione della natura in tutto il mondo! - insieme a un gruppo di pigmei Baiaka con funzioni di pisteurs (in sostanza di guide) e ad altri abitanti del vicino villaggio. Sono andato a visitare il Parco e a conoscere il progetto al quale lavora anche mia figlia. Sono rimasto colpito non solo dal fascino di un antico paradiso dove grazie alla tecnologia più sofisticata si sono innestati, in maniera quasi spontanea, elementi di grande modernità funzionali al progetto - , non solo dalle sensazioni fortissime che quella natura selvaggia provoca, ma anche dalle potenzialità del Parco. È utopia (o deformazione professionale, legata alla nostra esperienza europea o a quella mia personale sui Sibillini) pensare che il Parco possa rappresentare concretamente una strada per lo sviluppo alternativo a quello dello sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali verso cui si sta incamminando la Repubblica Centrafricana? In fondo, pur con le dovute differenze, il problema è lo stesso che abbiamo in Europa. Seguendo i pisteurs pensavo amaramente che quella compenetrazione con la foresta che riuscivo a cogliere dalla loro intensità espressiva, risultato di un'antichissima esperienza tramandata attraverso canali indecifrabili, rischia di perdersi irrimediabilmente nel giro di una o al massimo due generazioni - e le generazioni dei pigmei sono molto più brevi delle nostre - grazie al progresso che ha già iniziato ad allontanare questo popolo dalla sua casa, appunto dalla foresta. Proprio come succede in Europa dove nel giro di pochissimi anni rischiamo di perdere per sempre tradizioni e culture nel settore dell'agricoltura, delle produzioni tipiche, degli antichi saperi (e sapori). Lalternativa non è certo quella di tornare indietro nel tempo perché il progresso è comunque inarrestabile (e per fortuna: la mortalità infantile tra le popolazioni pigmee è ancora altissima), ma di dare un nuovo significato sociale ed economico a quelle tradizioni e a quelle culture: in Europa, in Africa, ovunque. Già ora - per fare un esempio tratto da questa esperienza africana - i pisteurs svolgono un ruolo insostituibile: cercare le tracce dei gorilla. Senza di loro il progetto non potrebbe andare avanti. Dunque la loro cultura viene utilizzata per scopi nuovi e importanti. Ma in un prossimo futuro una parte consistente della popolazione della foresta potrebbe diventare soggetto fondamentale di un grande progetto che unisca da subito ricerca ed economia. Il mondo scientifico internazionale potrebbe collegarsi con operatori turistici internazionali, sensibili a un turismo sostenibile, per studiare, non più in maniera inevitabilmente frammentaria, la foresta e le sue risorse e per finalizzare subito tali risorse a una fruizione intelligente e sostenibile della foresta da parte di visitatori di tutto il mondo. È azzardato pensare che questa fruizione sia l'unica alternativa a un destino che sembra segnato e che si chiama esplosione del fenomeno della deforestazione con le sue conseguenze catastrofiche di desertificazione, di fame, di perdita di identità? |
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