Quando le carte raccontano un lungo cammino
Arquata del Tronto e la sua storia attraverso i documenti
dell'archivio nursino

di Grazia Mandrelli


Quello che lega Arquata del Tronto a Norcia è un legame indissolubile fatto
di storia e di tradizioni. A nulla valgono, in certi casi, le “fratture
burocratiche” che tracciano confini sulla carta o quelle morfologiche,
quando le catene montuose sembra che dividano aumentando la distanza
tra la gente.
Eppure ad Arquata si legge il cognome “Norcini” sulla lapide dei caduti, a
Norcia i fruttivendoli provenivano di solito dalla banda di Arquata mentre i
pescivendoli, più genericamente, dal Piceno. Oltre alle castagne anche i
coralli arrivavano a Norcia dalla Valle del Tronto. Il culto di S. Emidio,
patrono di Ascoli e protettore contro i terremoti, penetrò a Norcia attraverso
l’arquatano ed ebbe la meglio sul culto omologo di S. Ponziano preminente
nello spoletino.
Scorrendo il catalogo della seconda mostra documentaria “Conoscere
l’archivio di Norcia” dedicata ai rapporti tra quest’ultima e il castello di
Arquata nell’ascolano, questo legame, affatto sottile, emerge con forza e
quasi con arroganza. La “città dei due parchi”, così è chiamata Arquata per
il fatto di essere singolarmente a cavallo tra il Parco Nazionale dei Monti
Sibillini e il Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, è stata
a lungo contesa tra Ascoli e Norcia a partire dal 1251 fino al 1800, quando,
dopo la restaurazione dello Stato pontificio, il distretto di Norcia non
comprese più Arquata che passò sotto la Delegazione di Ascoli.
Dai documenti dell’archivio nursino in mostra nella fortezza della
“Castellina” di Norcia (si era pensato di spostare la mostra anche ad
Arquata) l’intreccio e la simbiosi tra i due comuni si presentano in tutta la
loro complessità. Chiese, palazzi e modi di dire delle due città ne
testimoniano ancora oggi la storia in comune. Ora entrambe fanno parte del
patrimonio storico ed artistico del Parco Nazionale dei Monti Sibillini che,
ancora una volta, dimostra come le montagne possano unire invece che
dividere.
La mostra e il relativo catalogo vogliono essere un omaggio del Comune di
Norcia a quello di Arquata del Tronto, oggi tra loro collegati dal traforo “S.
Benedetto” sotto il valico di Forca Canapine che ha ridotto sensibilmente le
distanze tra i due comuni.
Sessanta i documenti esposti che vanno dal XIII al XX secolo. Divisa in
quattro sezioni (il territorio, le controversie, il governo, i censi), in questo
suo mondo cartaceo e affascinante, la mostra racchiude la storia di due
antichi comuni che per centinaia di anni hanno camminato insieme. Un
evento culturale e di aggregazione tra queste due realtà del Parco
Nazionale dei Sibillini che merita davvero di essere visitato. La mostra
rimarrà aperta fino al mese di luglio del prossimo anno.
Il patrimonio archivistico nursino è comunque tutta una sorpresa anche per
il visitatore più estraneo a questo mondo fatto di scritti antichi, di documenti
amministrativi e giuridici, di inventari di merci, di relazioni e protocolli.
Impossibile non ricordare una scoperta archivistica che ha fatto risuonare il
nome della città di Norcia, e quindi del Parco, in tutto il mondo, e non solo
tra gli studiosi. In fase di riordino, tuttora in corso, è stato ritrovato da parte
del prof. Giacomo Baroffio un prezioso frammento della “Toseftà” in rara
scrittura ebraica di tipo orientale risalente all’anno Mille, il più antico
frammento sinora mai ritrovato di questo importante testo ebraico. Il
frammento era stato reimpiegato per confezionare la copertina di un
protocollo notarile del 1665.
Studiare la storia dei comuni dei Sibillini vuol dire anche costruire la storia
del Parco e delle sue peculiarità. Per questa ragione l’Ente Parco, sensibile
alla riscoperta della storia locale e alla valorizzazione delle risorse culturali
presenti nell’area protetta, ha avviato, con la collaborazione della
cooperativa “Dieci come noi” un censimento dei beni culturali (abbazie, torri,
chiese, castelli, monumenti, etc.) presenti nell’area protetta al fine di
renderli meglio fruibili ai turisti e ai residenti, ed ha avviato un’operazione per
il recupero di edifici storici, musei o il loro allestimento. Vogliamo ricordare,
come esempio, la pinacoteca di Montefortino recentemente riaperta al
pubblico, la “Castellina“ di Norcia che conserva, accanto a mostre
archivistiche, anche opere d’arte di indubbio valore storico-culturale, ma
anche il museo della macinazione di Preci o quello antropogeografico di
Amandola, questi ultimi due in via di realizzazione.
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