Primi interventi per la reintroduzione
del camoscio appenninico
di Alfredo Fermanelli e Alessandro Rossetti

Il Parco Nazionale dei Monti Sibillini ha avviato in collaborazione con
i Parchi Nazionali del Gran Sasso-Monti della Laga e della Maiella e con
la partecipazione della Legambiente, le prime azioni previste nell’ambito
del progetto Life-Natura 2002 per la conservazione del camoscio
appenninico (Rupicapra pyrenaica ornata), approvato e cofinanziato
dall’Unione Europea. Il progetto, della durata di tre anni, rappresenta
anche un’importante passo in avanti verso l’introduzione nel Parco
Nazionale dei Monti Sibillini di questo splendido animale che, agli inizi del
1900, raggiunse la soglia dell’estinzione.
Infatti, le popolazioni di camoscio appenninico, che nell’Olocene
occupavano probabilmente un vasto areale esteso dai Monti Sibillini
al Pollino (Calabria), (Masini & Lovari 1988), rimasero, in seguito,
probabilmente isolate tra loro e, soprattutto in periodi storici recenti,
subirono una drammatica decimazione da parte dell’uomo sia direttamente,
tramite la caccia, sia attraverso l’intenso sfruttamento del territorio anche
ai fini delle pastorizia.
Intorno al 1915 un unico branco superstite, composto da appena una
trentina di esemplari sopravvissuti nella riserva di caccia del re d’Italia
nella Camosciara, in Abruzzo, evitò la sicura estinzione solo grazie
all’istituzione, nel 1922, del Parco Nazionale d’Abruzzo. Da allora, anche
se non sono mancati periodi particolarmente critici, come durante la
seconda guerra mondiale, la popolazione di camoscio appenninico
è andata progressivamente aumentando.
Attualmente nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, vivono allo
stato libero circa 700 individui di camoscio appenninico, mentre altri due
nuovi nuclei, ognuno composto da oltre 100 individui, si sono costituiti sul
Gran Sasso d’Italia e sulla Majella, grazie agli interventi di reintroduzione
realizzati a partire dal 1990 dal Parco Nazionale d’Abruzzo, anche in
collaborazione con WWF e CAI, e, nel 1998, dal Parco Nazionale
del Gran Sasso e dei Monti della Laga nell’ambito di un progetto Life.
Nonostante i successi finora conseguiti, l’importanza di realizzare nuovi
interventi per garantire la conservazione di tale sottospecie endemica di
camoscio è tuttora pienamente giustificata. Infatti, i prolungati fenomeni di
riproduzione tra individui consanguinei, conseguenti all’esiguità della
popolazione superstite, ha inevitabilmente reso tale popolazione
particolarmente vulnerabile a rapidi mutamenti ambientali o epidemie.
Non è un caso, quindi, che il camoscio appenninico rappresenti una delle
entità faunistiche più rare e preziose a livello europeo, tanto da essere
l’unica, tra quelle italiane, ad essere inserita nell’Appendice 1 (specie
minacciate di estinzione) della CITES; inoltre è una specie d’interesse
comunitario “prioritaria” ai sensi della Direttiva Habitat (92/43/CEE) ed è
classificato come sottospecie “in pericolo di estinzione” nella lista rossa
dei mammiferi redatta nel 1996 dall’IUCN (Unione Internazionale per la
Conservazione della Natura).
Tra le azioni ritenute altamente prioritarie ai fini della conservazione della
specie, il Piano d’azione per il camoscio appenninico, predisposto
dall’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica e dal Ministero dell’Ambiente,
con la collaborazione anche del Parco Nazionale dei Monti Sibillini,
prevede la costituzione di un nuovo nucleo di questa specie proprio
nei Monti Sibillini. La scelta di questo territorio, quale area privilegiata
per la realizzazione di tale intervento, si è basata anche sullo studio di
fattibilità realizzato dal WWF nel 1996 con il coordinamento di Fulvio
Fraticelli e la supervisione scientifica di Sandro Lovari e Franco Pedrotti,
dal quale risulta che tale gruppo montuoso “potrebbe costituire un vasto
unicum ecologico per l’insediamento e il successivo sviluppo di una
consistente popolazione di camoscio appenninico”.
Del resto la presenza in passato del camoscio nei Monti Sibillini è stata
evidenziata sin dagli anni ottanta, quando sono stati scoperti e recuperati,
in una grotta del M. Argentella, reperti sub-fossili risalenti all’Olocene ed
attribuibili a Rupicapra pyrenaica. Esistono anche alcuni indizi sulla
presenza di tale specie in tempi storici, basate su alcuni toponimi e
citazioni indicanti la presenza di non comuni “capri selvatici”
(Colucci, 1795) che, se riferite al camoscio, ne farebbero supporre la
sopravvivenza in quest’area almeno fino al XVIII secolo.
Coerentemente con il Piano d’azione, oltre alle azioni finalizzate al
necessario rafforzamento genetico dei nuovi nuclei di camoscio che sono
stati costituiti sul Gran Sasso e sulla Majella, il progetto Life-Natura
prevede la realizzazione degli interventi propedeutici alla creazione di un
nuova popolazione di camoscio appenninico anche nel Parco Nazionale
dei Monti Sibillini. Tali interventi comprendono la predisposizione di un
piano di idoneità, la realizzazione di un’area faunistica del camoscio e la
formazione di operatori nella gestione del camoscio, oltre alle attività
di comunicazione ed educazione ambientale finalizzate a sensibilizzare
le comunità locali e i fruitori del Parco sull’importanza del progetto.
Il sito scelto per la realizzazione dell’area faunistica, che si estende per
circa 3 ha nel territorio del Comune di Bolognola ad una quota di circa
1200 m, è già stato reso disponibile al Parco dallo stesso Comune
di Bolognola. Sebbene l’area faunistica non sarà direttamente funzionale
all’immissione in natura degli esemplari di camoscio, essa svolgerà un
insostituibile ruolo nella promozione delle attività di ricerca scientifica,
educative e didattiche, che rappresentano la base per una positiva
attuazione del progetto.
L’immissione di camosci in natura, secondo quanto previsto nel Piano
d’azione, dovrà invece avvenire attraverso il rilascio di 20-40 camosci
provenienti dal Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, che tuttora
rappresenta l’unica area in cui è possibile prelevare tali esemplari, senza
incidere significativamente sulla consistenza della popolazione presente.
I costruttivi rapporti di collaborazione recentemente intrapresi con il Parco
Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise lasciano comunque ben sperare di
rivedere presto balzare, anche tra le rupi dei Monti Sibillini, il “camoscio
più bello del mondo”.
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