Alla scoperta del Parco della Val Grande
Franca Olmi, Presidente del Parco Nazionale piemontese, ci invita
a conoscere le caratteristiche e le risorse dell’area wilderness
più vasta d’Italia


Franca Olmi, una laurea in lettere classiche, tanta esperienza nell’ambito
scolastico come preside di Scuola Media e, alle spalle, anche un impegno
politico come consigliere e assessore del comune di Verbania e Presidente
del Comprensorio del Verbano, Cusio Ossola. Unica donna Presidente di
un Parco Nazionale. Dal 1994, infatti, è Presidente del Parco della Val
Grande, la più vasta area wilderness italiana, studiata e valorizzata a livello
internazionale. È riuscita, con la volontà e professionalità, a “organizzare”
un Parco che, pur esistendo a livello istituzionale, non è stato subito dotato
di braccia operative e a tutt’oggi soffre di carenza di personale (c’è solo il
Direttore del Parco e un archivista): per sopperire a questa disfunzione ha
attivato intensi rapporti di collaborazione con cooperative locali e lavoratori
socialmente utili.
Oggi, nonostante tutto, il Parco della Val Grande è visibile e operativo con
“centri visita tematici”, ecomusei all’aperto, attività didattiche e tanti progetti
da realizzare a medio e lungo termine per valorizzare un’area rurale e
montana, e coinvolgere le popolazioni limitrofe, visto che, essendo un’area
selvaggia, non vi sono praticamente residenti.
“È stato difficile raggiungere questi obiettivi - dichiara il Presidente - anche a
causa delle contraddizioni che le donne italiane devono affrontare poiché
ancora oggi, nonostante l’emancipazione delle donne, sopravvivono i
pregiudizi. Nella sostanza - continua Franca Olmi - le donne per
raggiungere posti di responsabilità devono faticare più degli uomini e
talvolta, quando ottengono un obiettivo, sono in tanti a rivendicarne il
successo. In altre parole può succedere che accanto alla madre, sempre
certa, si ritrovino tanti padri ... incerti ”.
Attraverso l’intervista che segue Franca Olmi ci aiuta a scoprire il mistero
dell’area selvaggia più vasta d’Italia, l’unico Parco wilderness presente nel
nostro Paese.


C’e stata o c’è ancora “opposizione” al Parco visto come un insieme di
vincoli e non come volano per lo sviluppo?
Il Parco è stato voluto dalle Comunità locali, quindi non c’è stata
opposizione, ma sostegno. Gli stessi pescatori e cacciatori hanno ben
presto collaborato. Per i pescatori si è fin dall’inizio proceduto alla stesura
di un Piano pesca provvisorio. Qualche difficoltà è nata dal vincolo dei tetti
“in pioda” richiesti dal Comitato Beni Ambientali del Parco per la
ristrutturazione delle baite.
Il Parco è visto, prevalentemente, come volano per la ripresa sociale ed
economica dei Comuni che circondano l’area protetta e sono sottoposti al
fenomeno lento e graduale dello spopolamento montano.

Si è registrata nel Parco la formazione di cooperative che lavorano in
collaborazione con il Parco?
Cooperative locali lavorano in collaborazione con il Parco. Sono costituite
da giovani laureati del settore naturalistico e da guide alpine e ambientali
che conoscono molto bene il territorio impervio e selvaggio dell’area
protetta.
Alle Cooperative è stata affidata la gestione dei “Centri visita tematici”, delle
escursioni guidate e dell’attività di Educazione Ambientale per le scuole. La
collaborazione con le Cooperative è un fenomeno indubbiamente in crescita
anche perché il Parco è attualmente privo di personale stabile ad eccezione
del Direttore e di un archivista.
A tutt’oggi sono funzionanti tre Centri visita alle porte del Parco e sono
dotati di pannelli illustrativi che rispettivamente riguardano la foresta, gli
animali notturni e la geologia della Valle. La loro finalità è quella di far
conoscere il Parco, di promuovere lo sviluppo socio culturale ed economico
ed anche l’occupazione giovanile locale.

Qual’è l’economia prevalente del Parco della Val Grande?
Il Parco è costituito dall’area selvaggia più vasta d’Italia L’economia
prevalente è il turismo naturalistico e di scoperta, integrato con il turismo
consolidato della zona circostante del Lago Maggiore e dell’Ossola. Si sta
programmando una forma di artigianato con la quale si cerca di ridare vita ai
mestieri legati alla tradizione rurale e montana.

Come viene risolto il problema delle aree critiche?
Esiste una sola strada carrabile che entra nel Parco per soli due chilometri
e raggiunge la piccola “capitale”, Cicogna. All’interno del Parco l’unica via di
comunicazione è costituita da sentieri che attualmente sono per la maggior
parte impervi, pericolosi, in parte, non segnati. Il problema dell’affollamento
esiste solo per la strada che conduce a Cicogna, lunga complessivamente
sette chilometri che, pur
essendo una strada provinciale, è stretta, tortuosa, priva in parte di barriere
e di difficile percorribilità. Nella stagione estiva è assediata dai turisti.
Stiamo cercando di risolvere il problema con la collaborazione della
Provincia e della Regione per mettere in sicurezza la strada e per
organizzare un servizio di navette.

Quali iniziative vengono promosse per la salvaguardia e valorizzazione
del patrimonio storico-culturale?
Alcune significative pubblicazioni sono state sostenute dall’Ente.È stato
promosso un convegno di portata internazionale con la collaborazione della
Regione Piemonte sul tema “Wilderness e turismo integrato”.
Durante l’estate vengono promosse nei vari comuni del Parco proiezioni di
diapositive e conferenze. È stato anche realizzato in collaborazione con la
Regione Piemonte un filmato sull’area protetta. Inoltre vengono organizzate
escursioni guidate di tipo tematico, alcune si svolgono in notturna e
permettono di scoprire le costellazioni. È infatti difficile trovare un
osservatorio astronomico di maggiore suggestione di un’area selvaggia
immersa nei silenzi e nella solitudine.

Quali progetti l’Ente di gestione sta portando avanti a breve
e lungo termine?
Gli obiettivi di tutela e valorizzazione dell’area protetta sono contenuti nel
Piano del Parco. La società di progettazione alla quale è stata affidata
l’elaborazione del Piano ha preparato una bozza che nei prossimi mesi sarà
sottoposta alle dovute verifiche. Nel frattempo l’Ente sta realizzando i
progetti che sono stati individuati in questi primi anni di gestione.
Si sta procedendo col recupero di alcuni bivacchi per escursionisti ed in
particolare alla ristrutturazione del rifugio storico di Bocchetta di Campo,
costruito un secolo fa dal CAI in una posizione di eccezionale rilievo da cui
si domina la valle. È in fase di ristrutturazione un ampio edificio scolastico
dismesso che diventerà Centro di educazione ambientale, al quale saranno
collegati, oltre ai Centri visita sopra menzionati e già funzionanti, alcuni
sentieri fra cui uno attrezzato per i disabili. Sono inoltre programmate, in
corrispondenza di alcune entrate del Parco, aree attrezzate come punti di
sosta. Nel contesto del progetto di educazione ambientale che per il Parco
della Val Grande è di primario interesse in quanto l’area protetta è impervia
e selvaggia e di difficile fruizione, l’Ente intende dar vita anche ad un centro
multimediale unitamente ad un centro faunistico e ad un giardino botanico.
Nella rete di strutture di valore culturale sarà inserito il museo delle
tradizioni che raccoglierà i reperti di un’epoca passata, quando la valle era
abitata da pastori in transumanza e da boscaioli. La presenza dell’uomo
nella valle che si protrasse per oltre cinque secoli fino alla seconda guerra
mondiale, è simbolicamente ricordata nel logo del Parco che rappresenta
“l’uomo albero”, tratto da un’antica incisione rupestre.
Dopo la seconda guerra mondiale pastori e boscaioli abbandonarono la valle
e la natura riprese il sopravvento per cui, nel giro di cinquant’anni, la valle è
ritornata selvaggia come nei primordi. Un ecomuseo all’aperto, costituito da
alpeggi abbandonati, baite in parte diroccate, resti di vecchie teleferiche
utilizzate per il trasporto del legname, reperti della civiltà rurale e montana,
completano il materiale didattico e offrono interessanti aule all’aperto per
l’attività di educazione ambientale, rivolta non solo alle scuole ma
anche ai turisti.
A questo patrimonio storico-culturale stanno per aggiungersi, a seguito
della richiesta di ampiamento del Parco da parte di due nuovi comuni, un
castello medioevale visconteo di notevole pregio con annesso un
interessante centro storico e i resti delle fortificazioni militari di Cadorna,
fatte costruire durante la prima guerra mondiale.
Segni del passato sono anche le piccole cappelle votive presenti lungo i
sentieri e dedicate alla Madonna che costituiscono l’espressione della
religiosità della gente di montagna che il Parco intende valorizzare nel
contesto del progetto di educazione ambientale. Le cappelle sono dedicate
per la maggior parte alla Madonna venerata nel Santuario di Re, nella
confinante Val Vigezzo, che ricorda un miracolo avvenuto nel XV secolo.
Per questo motivo storico-religioso il Parco è stato dedicato alla Madonna
di Re che è diventata la sua patrona.

Una definizione sintetica per il suo Parco

“Val Grande: natura selvaggia” o “Il Parco dei trekking e delle stelle”: sono
le definizioni che meglio si adattano per indicare il mistero di un Parco
wilderness.

(R.Ch.)
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Un mistero tutto al femminile
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di Ussita e Bolognola
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