Politiche e Parco
Quattro donne impegnate in politica parlano del Parco dei Sibillini
di Rita Chiaverini

Il Parco dei Sibillini, un territorio omogeneo che lega parte dell’Umbria e
delle Marche, racchiude 18 comuni nei quali emergono spesso
caratteristiche analoghe, nonostante le inevitabili sfumature, sotto il profilo
storico, ambientale, sociale e culturale. Queste caratteristiche, che l’Ente
Parco da quattro anni sta valorizzando nella loro globalità secondo una
politica mai sperimentata prima, stanno oggi diventando sempre più visibili
e spendibili a livello nazionale e internazionale. Tutto ciò non vuol dire che
non siano presenti problemi: si tratta di un’area che per decenni è stata
considerata solo marginale dalle grandi politiche economiche nazionali e
che soltanto da poco tempo viene vista con “occhi nuovi” e con una
consapevolezza maggiore sulle potenzialità presenti.
Superata la fase che ha portato all’istituzione del Parco è necessario oggi
domandarci: “Cosa sarebbe il territorio dei Sibillini senza la visibilità e le
potenzialità offerte dalla presenza di un Parco Nazionale?”
Abbiamo chiesto a quattro donne, impegnate in politica in differenti livelli
istituzionali, di rispondere ad alcune domande per capire meglio cosa la
politica al femminile pensa e fa per il nostro Parco.
Hanno risposto alle nostre domande Maria Rita Lorenzetti, Presidente della
commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei
Deputati; Assunta Maria Brachetta, consigliere regionale delle Marche;
Ada Girolamini, assessore all’assetto del territorio, P. U. T. , mobilità e
trasporti della Regione dell’Umbria e Luigina Zazio, assessore
all’urbanistica e ai trasporti presso la Provincia di Ascoli Piceno.

Cosa significa oggi, far parte di un Parco Nazionale e in particolare
del Parco Nazionale dei Monti Sibillini?

Lorenzetti: Significa avere nel territorio uno straordinario valore aggiunto,
oggi riconosciuto tale a livello europeo, considerata l’attenzione che tutti
i governi dei Paesi aderenti all’unione ripongono nella creazione di questi
istituti. Va però superata l’idea di Parco legata ad una visione statica
dell’ambiente naturale, nella quale ogni possibile attività umana è vista
come pericolosa e portatrice di inquinamenti.
L’area dei Monti Sibillini va quindi inserita in questo contesto, aperta alle
contaminazioni esterne e vigile nel saper tutelare i valori che le comunità
residenti hanno saputo mantenere nel corso dei secoli. In questa situzione,
il confronto delle esperienze e delle proposte diventano condizione
necessaria per raggiungere gli obiettivi all’interno dell’area protetta e anche
per fronteggiare problemi ambientali non più confinabili in una singola realtà.
È necessaria un’adeguata informazione per incentivare comportamenti
corretti e per dimostrare che la natura vincolistica non è in conflitto ma
favorisce il miglioramento della qualità della vita e l’ampliamento delle
opportunità economiche: informazioni e conoscenze che sicuramente con
la vostra rivista contribuite a migliorare.

Brachetta: Avendo seguito come responsabile di Legambiente e con il
“Comitato promotore del Parco” tutte le fasi di promozione e di istituzione
di quest’area protetta ho potuto verificare e seguire sia i consensi che
i dissensi, le attese e le curiosità che hanno accompagnato quella fase.
Al di là delle differenti culture che si sono fronteggiate si è potuto costruire
un consenso fondato sulle opportunità di sviluppo legate proprio alla
conservazione di un territorio di così grande valore.
L’istituzione del Parco Nazionale è l’unica vera novità che ha interessato il
nostro Appennino. La prima grande occasione di protagonismo delle
comunità locali dei Sibillini. A quattro anni dall’istituzione del Parco sono
cambiate molte cose. Anche a fronte di problemi e difficoltà di avvio,
questo territorio ha acquistato una “visibilità” inedita a livello nazionale ed
internazionale. Si è avviato un processo di promozione dei Sibillini ma
anche un processo di crescita culturale locale che però non trova presso le
istituzioni regionali e provinciali adeguate risposte o corrispondenze: basta
pensare alle politiche turistiche o agricole.
Far parte del Parco Nazionale significa acquisire una forte identità locale
legata a questa parte dell’Appennino e attraverso questa maggiore identità
è possibile “rovesciare” i luoghi comuni sulle aree interne che ne hanno
provocato una forte marginalizzazione. Non più aree da assistere, ma aree
di nuova centralità, laboratori per uno sviluppo sostenibile, fondato sui valori
naturali, ambientali, paesaggistici, storici, culturali e sociali, cogliendo tutte
le opportunità che la stessa Unione Europea sta costruendo a questo fine.

Girolamini: La realizzazione e l’attività di un Parco Nazionale è operazione
estremamente impegnativa perché investe le componenti fondamentali,
culturali, ambientali ed economiche di un territorio. Non è facile superare in
pochi anni ritardi storici del nostro Paese in materia di aree naturali
protette, ma tale impegno, con le sue difficoltà è anche stimolante e
coinvolgente.
Il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, in particolare, comprende territori tra
i più suggestivi e ricchi di elementi naturali e storico-culturali. Proprio la
ricchezza di queste risorse fanno dei Sibillini un’entità centrale del sistema
ambientale dell’Italia. Tutto ciò impone, a mio avviso, una scelta strategica
preliminare e generale che ancora deve essere maturata così da orientare
da subito gli strumenti di programmazione quali il Piano del Parco e il Piano
Pluriennale economico e sociale.

Zazio: Considero il Parco come un’occasione decisiva di nuovo sviluppo,
Ciò non solo in riferimento alla importantissima valenza naturalistica e
storico-culturale dell’area “parco”, ma anche dal punto di vista economico,
turistico e occupazionale come “utilizzo” positivo, significativo e sostenibile
di risorse che fino ad oggi non sono state considerate tali.
Il problema è intervenire positivamente nelle zone montane attraverso una
economia integrata più vasta e non limitata alle sole logiche interne
dell’area “protetta”: il Parco dei Sibillini, per collocazione, retaggio storico e
per i legami che può sviluppare con le altre istituzioni e il territorio, può
diventare un esempio significativo di nuovo sviluppo sostenibile e di
sperimentazione che tenda a salvaguardare (proprio attraverso le risorse
aggiuntive che può mettere in campo) l’intero patrimonio, compreso quello
umano, presente nell’area e ad influire positivamente anche su aree molto
più vaste.

Parte del territorio del Parco Nazionale dei Monti Sibillini è stato interessato
dal sisma del 26 settembre 1997. Quali accorgimenti dovranno essere
attuati per salvaguardare la peculiarità paesaggistica del territorio?

Lorenzetti: È mia ferma convinzione che nel rispetto della normativa
antisismica, dei vincoli di natura geologica e delle normative in materia di
sicurezza che saranno definite, la ricostruzione debba avvenire
salvaguardando la tradizione, l’architettura, la storia, la cultura, le
caratteristiche morfologiche e paesaggistiche dei territori colpiti.
Nell’Umbria e nelle Marche, e maggiormente nel Parco dei Sibillini, queste
caratteristiche rappresentano la vera ricchezza di frazioni montane e dei
centri storici, anche in senso economico, e questo vale ancora di più
proprio per le finalità stesse che ha il Parco.
Nella maniera più assoluta occorre rispettare nella ricostruzione i valori
storici e architettonici affinchè la promozione del turismo e la salvaguardia
dei beni culturali possano costituire elementi fondamentali per il rilancio
dell’occupazione e dell’immagine delle due regioni.
Sono, inoltre, convinta che si debba lavorare quanto prima ad una profonda
revisione delle normative antisismiche in modo da adeguare le stesse ai
nuovi livelli di sicurezza. A riguardo la Commissione Lavori Pubblici della
Camera ha discusso in sede referente su tale argomento: personalmente
ritengo che non vi sia alcuna contraddizione in una ricostruzione che
introduca forti elementi di innovazione tecnologica e, nello stesso tempo,
mantenga le caratteristiche peculiari dei luoghi interessati.

Brachetta: Nell’ambito del territorio del Parco e su iniziativa dell’Ente
stesso, anche a livello di comunità del Parco, si rende utile e necessario
dare vita a un dibattito sullo sviluppo delle aree interne, cogliendo
l’occasione della elaborazione del piano di sviluppo dell’area protetta.
Proprio da questo territorio può venire una forte “richiamo” alle Regioni e agli
Enti locali per costruire uno scenario di sviluppo desiderabile e condivisibile.
Il Parco dovrà anche proporsi per coordinare e sollecitare norme rigorose
(compreso l’adeguamento sismico) di ricostruzione al fine della
salvaguardia dei valori non solo paesistici, ambientali e naturali, ma anche
della conservazione dei beni culturali e storici.

Girolamini: L’area interessata dal sisma del 26 settembre 1997 corrisponde,
per la quasi totalità, a Parco Naturale. Richiamo in modo particolare
l’attenzione sui Parchi regionali umbri del Monte Cucco, del Subasio, di
Colfiorito che costituiscono gran parte del “cratere” nonché le valli del “Vigi”,
del Corno e del Nera che fanno parte delle aree di studio per nuovi Parchi
dell’Umbria: l’intera città di Assisi è nel Parco del Subasio. In altre parole,
intendo dire che dobbiamo ricostruire salvaguardando gran parte del nostro
paesaggio umbro più importante e peculiare; non bisogna quindi lasciar
nulla di intentato per garantire non solo l’efficacia, ma anche la qualità
ambientale e culturale degli interventi di ricostruzione.
Caratteristiche, queste, che dovranno permeare ogni progetto, ogni
strategia di Piano.

Zazio: Il sisma del 26 settembre 1997 ha dato un grave colpo alle speranze
e all’economia dei territori montani interessati, ma proprio per questa
ragione la ormai riconosciuta vulnerabilità del territorio in questione non può
essere superata attraverso una concezione che privilegia solo la necessità
di fare presto, necessità per altro imprescindibile, ma che tende ad ignorare
le valenze paesaggistiche e ambientali sulle quali si può radicare una nuova
e più forte motivazione per il permanere delle popolazioni sul territorio.
Questa considerazione, che a mio avviso vale per tutti i siti interessati dal
sisma, è valida a maggior ragione nel territorio del Parco proprio per il
legame natura-cultura-storia che di questo territorio rappresenta la più
significativa emergenza.

C’è una contraddizione di fondo: da un lato vengono messe in atto politiche
volte a tutelare le zone di montagna, dall’altro vengono soppressi o ridotti
servizi essenziali. Cosa fare per contrastare il circolo vizioso “meno
gente-meno servizi, meno servizi-meno gente”?

Lorenzetti: Dobbiamo ad ogni costo evitare che, in questa fase
post-sismica, persone ed attività abbandonino le zone di montagna.
È necessario quindi continuare a dare certezze sulla ricostruzione e sugli
incentivi per le attività economiche, ma è altrettanto importante che si
cerchi in tutti i modi di mantenere e di incentivare la presenza dei servizi
essenziali che costuiscono il collante della vita sociale. Credo che alcuni
passi in questo senso siano stati fatti. La finanziaria approvata prevede che,
pur nel rispetto dei vincoli e degli obiettivi di risparmio, le Regioni possano
modulare diversamente i vincoli di spesa per quanto attiene i servizi sanitari
situati nelle zone montane particolarmente disagiate.
Inoltre la nuova legge prevede, oltre agli stanziamenti per l’edilizia
scolastica, anche la sospensione per l’anno scolastico ‘98-’99 dei
provvedimenti relativi alla riorganizzazione della rete scolastica per i comuni
e le comunità montane rientrati nei territori gravemente danneggiati.
Successivamente i medesimi provvedimenti dovranno essere adottati
d’intesa con gli enti locali interessati. Il permanere dei servizi scolastici è
infatti uno dei fattori che contribuiranno a ristabilire un terreno di stabilità
emotiva e sociale e incoraggerà le popolazioni a rimanere nei luoghi di
residenza.

Brachetta: Il terremoto rischia di accelerare il processo già in atto di
depauperamento complessivo delle aree interne. A dire il vero, in
controtendenza, si è avviato negli ultimi anni un processo di nuova
rivitalizzazione di questi territori, grazie anche alla presenza dei Parchi:
cooperative di giovani, aumento delle presenze turistiche, investimento nella
forestazione e nella riconversione dell’agricoltura, recupero edilizio e in
alcuni casi freno dello spopolamento sono segnali significativi.
A fronte di scelte politiche sia nazionali che regionali che tendono alla
razionalizzazione della spesa pubblica secondo parametri tradizionali
“meno popolazione-meno servizi” molte sono state le dichiarazioni a difesa
delle aree interne ed è importante che l’Ente Parco dei Sibillini abbia già
preso posizione contro il depauperamento dei servizi pubblici che si registra
anche all’interno dell’area protetta umbro-marchigiana. Credo però che non
bisogna fermarsi alla difesa dell’esistente, che spesso coincide con servizi
scarsi e di tipo tradizionale o poco efficienti. Serve oggi affrontare i temi del
ruolo della montagna nella sua globalità. Esiste già un progetto,
denominato APE (Appennino Parco d’Europa), che può facilitare la ripresa
delle zone interne attraverso la messa in rete delle aree protette di tutto
l’Appennino e può essere volano per il loro sviluppo.
Se quindi si riuscissero a rovesciare i parametri tradizionali e ad inserire
nella programmazione di Stato e Regioni parametri di qualità e di
interesse generale potrà diventare più forte non solo la difesa dell’esistente,
ma si potranno progettare servizi più efficienti e moderni. Penso alle reti
telematiche, ai servizi a chiamata per il trasporto pubblico, ai servizi per la
fruizione del grande patrimonio culturale e naturale, cogliendo al pieno tutte
le opportunità economiche che l’Unione Europea offre in questa direzione.

Girolamini: A mio avviso il paradigma meno gente - meno servizi comporta
una risposta attualizzata dalle possibilità della tecnologia e delle scienze
sociali: alcuni tipi di servizi comportano numeri di utenti minimali per la loro
sopravvivenza; non si possono garantire investimenti infrastrutturali
scarsamente utilizzabili in presenza poi di carenza delle risorse pubbliche.
La risposta positiva è nella “rete di servizio” appoggiata a una
infrastrutturazione nuova resa possibile dalla innovazione informatica, per
sua natura economica, di basso impatto e di costi tendenzialmente
decrescenti.

Zazio: Mettere in concorrenza le zone costiere o di pianura con le zone
montane sarebbe mortale per le une e le altre; solo una valutazione globale
delle risorse che le integri e metta a sistema aree, popolazioni e culture
diverse, può superare la contrapposizione fasulla ed egoistica del tutto qui
e subito che finirebbe per penalizzare i più deboli.
La Provincia di Ascoli Piceno non ha mai nascosto la propria posizione
riguardo alla difesa e, se possibile, al potenziamento dei servizi nelle aree
montane ritenendo assurdo concepire la razionalizzazione come una pura
valutazione degli elementi quantitativi senza tener conto delle peculiarità del
sistema insediativo caratteristico del territorio marchigiano, sistema che ha
comportato, per altro, una valutazione assai positiva della qualità della vita
complessiva nel nostro territorio.
Va però aggiunto che, anche rispetto a queste problematiche, dovrà essere
ripensato complessivamente il modo di erogare i servizi accentuando la loro
integrazione ed introducendo concezioni nuove sul modo di erogarli: si
pensi, ad esempio, al progetto “modulo” presentato nella L.R. 31/97 dalla
Provincia di Ascoli Piceno per i servizi alla persona e per l’utilizzo del
patrimonio edilizio a fini turistici chiamato “albergo diffuso”.

Che fare concretamente per il Parco?

Lorenzetti: L’ VIII commissione della Camera ha espresso parere favorevole
sullo schema di decreto ministeriale per il riparto dello stanziamento dello
stato di previsione della spesa del Ministero dell’Ambiente per l’anno
finanziario 1998, relativo a contributi in favore di enti, istituti, associazioni,
fondazioni e altri organismi.
Si è garantita in questo modo la tempestiva attivazione della norma volta ad
imprimere un’accelerazione alle procedure di finanziamento e a consentirne
l’espletamento entro tempi compatibili con l’attività degli Enti Parco e degli
altri organismi interessati. Lo stanziamento complessivo previsto per
il 1998, pari a 1000 miliardi, è stato ripartito per il 10% sulla base della
superficie, per il 10% sulla base della popolazione, per il 4% sulla base dei
comuni ricadenti all’interno del parco, per il 43% sulla base del contributo
ordinario 1997 e per il 33% sulla base dell’organico a regime oltre ad una
quota forfettaria di 630 milioni uguale per tutti i parchi.
In considerazione della grave calamità sismica che ha colpito le regioni
Marche e Umbria nella riunione del 22 dicembre 1997, il Ministro
dell’Ambiente e i Presidenti degli Enti Parchi nazionali, all’unanimità, hanno
concordato di rinunciare all’1% del rispettivo contributo per l’esercizio
finanziario 1998, pari complessivamente a 860 milioni, a favore del Parco
Nazionale dei Monti Sibillini facendo così salire a £. 4.436.271.442
il finanziamento per lo stesso.

Brachetta: La Regione Marche ha sottoscritto varie intese con le altre
regioni appenniniche di condivisione del progetto APE. Si tratta ora di
capire quali saranno gli atti successivi nei vari settori di intervento, a
cominciare dalla ricostruzione post-terremoto. Più volte in Consiglio
Regionale si è posto il problema del rispetto dell’art. 7 della 394 (misure di
incentivazione) anche con ordini del giorno approvati. Il mio compito e quello
di altri colleghi che condividono la politica delle aree protette è quello di farlo
rispettare. Progetti che interessano direttamente il Parco dei Sibillini sono
quelli delle misure comunitarie 5B e Leader. A dire il vero la Regione
Marche sta lavorando ma non con la necessaria prontezza.
Proprio in questi giorni si sta discutendo la proposta di Bilancio 1998.
Risorse scarse per tutti, ma soprattutto per le politiche ambientali. Se
riusciamo a far comprendere che una seria politica ambientale si fa anche
con le altre politiche, orientandone gli investimenti, forse sarà più facile dare
risposte ai cittadini del Parco e alle loro attese e ad avviare una
collaborazione con l’Ente stesso in modo da rendere più efficaci le iniziative
finora avviate.

Girolamini: Tramite l’assessorato da me coordinato, sto lavorando alla
verifica della spesa delle somme assegnate dal Piano Triennale al Parco
dei Sibillini in forza dei progetti presentati dalla Regione Umbria. Il lavoro
fondamentale che mi accingo a fare e che interessa il Parco dei Sibillini è
quello connesso all’applicazione del Decreto Legge per le zone terremotate.
Infatti, in sede di confronto con il Governo, sostenni formalmente che la
ricostruzione dell’Appennino Umbro-Marchigiano non era sufficiente da solo
senza la riqualificazione e valorizzazione degli ambienti naturali e culturali
dei Parchi.
Oggi l’art. 2 del Decreto, ha fatto propria questa mia richiesta inserendo tra
le priorità “il recupero funzionale del patrimonio culturale, riqualificazione e
valorizzazione degli ambienti naturali con particolare riferimento al Parco
Nazionale dei Monti Sibillini e alle Aree Protette regionali”.
Abbiamo quindi una nuova grande opportunità e lavorerò perché nell’intesa
istituzionale di programma tra Governo e Regioni Umbria e Marche questa
scelta del Decreto abbia un riscontro effettivo di grande peso.
Zazio: Numerosi sono i contatti tra la Provincia e il Parco dei Sibillini su
progetti in corso di elaborazione, non solo dal punto di vista delle
autorizzazioni urbanistiche o dei positivi rapporti e confronti operativi nei
convegni, ma come elementi fondamentali di concertazione nelle politiche
di programmazione economica e territoriale. Ciò sia per l’impostazione dei
rispettivi piani sia all’interno del Patto Territoriale per lo sviluppo promosso
dalla Provincia nel quale numerosi progetti di impresa sono stati proposti
sia dall’Ente Parco che dai comuni in esso ricompresi.
Soprattutto importanti sono le proposte specifiche (come il progetto
“modulo” e il progetto per il ripristino del tracciato del trenino “Porto S.
Giorgio Amandola”) che riguardano l’utilizzo del patrimonio edilizio storico,
il ripristino di itinerari e sentieri in prossimità del Parco, un progetto di
rilancio del sistema termale come integrazione e sostegno alla politica
turistica e salutistica del Parco, la creazione di un sistema di aree protette
(a partire dal già sottoscritto protocollo d’intesa per la zona Sentina e l’avvio
di studi per il parco marino del Piceno), l’individuazione di un sistema di
tracciati naturalistici di risalita al Parco lungo le aste fluviali, l’orientamento
per una sperimentazione di intervento in un centro storico nella zona parco
in accordo alla sperimentazione in corso del PTC della Provincia, il già
ampiamente sperimentato progetto denominato “Piceno da scoprire”.
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