Luoghi d'acqua
Come un filo di Arianna la trama delle acque ci fa scoprire il Parco
di Ido Polidori


I laghi, i fiumi, le cascate e le sorgenti dei Sibillini, come un filo di Arianna,
possono far scoprire i Sibillini attraverso un comodo itinerario in gran parte
a piedi che, in un paio di giorni, consente di toccare i luoghi d'acqua più
significati dei "Monti Azzurri".
Il nostro itinerario prende le mosse da Forca Canapine, nel territorio
del Comune di Norcia. Visti dall'alto i Piani di Castelluccio fanno pensare
alle tele di Mondrian: campi di lenticchia, di grano e prati dalla fioritura
esuberante ripartiscono lo spazio in macchie geometriche di colore, bordate
da antichi sentieri che s'incrociano ad angolo retto. Nel Pliocene l'altopiano
era il fondo di un lago, poi il susseguirsi di sollevamenti e sprofondamenti
tettonici dispersero le acque che defluirono attraverso un inghiottitoio
carsico tuttora attivo: il fosso dei Mergani, profondo e ramificato. All'ombra
dei frastagliati argini, coperti di piante acquatiche e muschio, la lenta
corrente del fosso è turbata da continui guizzi, da misteriosi fruscii. Questo
è il regno della salamandra pezzata ed uno degli ultimi asili sicuri, nell'Italia
centrale, per tritoni crestati e tritoni montani.
La strada che scende da Forca Canapine sfiora zone rimaste acquitrinose
e sorgenti carsiche: vicino a uno stagno, sotto la parete sud-est del monte
Guidone, si può osservare una colonia di Carex distica, pianta che in Italia
cresce soltanto qui. Tutto l'altopiano è interessante dal punto di vista
botanico ed estremamente bello nel periodo della fioritura per la ricchezza
delle acque carsiche e la fertilità del suolo, costituito in prevalenza
da sedimenti lacustri. Verso nord-est una mulattiera, proprio alla sommità
del valico, raggiunge la conca dei Pantani di Accumoli, un grappolo
di minuscoli laghi carsici i cui argini sono stati in parte rinforzati
per consentire l' abbeveratura alle mandrie. Cavalli da tiro e bovini, lasciati
liberi al pascolo dalla primavera all'autunno, giungono all'acqua come
in processione: ogni mandria ha le sue ore fisse battute da un orologio
biologico. Alcune pozze s'intorbidano, altre poco accessibili restano terse:
in queste ultime non è raro osservare colonie di chirocefali le cui uova sono
giunte fin qui attaccate alle zampe di qualche uccello, forse di uno dei tanti
pivieri tortolini che volteggiano sulla conca.
Si torna indietro e s'imbocca la strada asfaltata in direzione di Castelluccio:
arroccato su un colle tra il Pian Grande e il Pian Perduto, con i suoi 1452 m
di altitudine è tra i rari centri abitati di alta quota dell'Italia peninsulare.
E di lì non si può non andare al lago di Pilato: direttamente per Forca Viola
o attraverso il Monte Vettore che si raggiunge da Forca di Presta.
Il Lago di Pilato, a 1940 metri di altitudine, appare dietro una sella sassosa,
sembra un ametista al centro di un anfiteatro di strapiombante calcare
massiccio e pareti detritiche dove svaniscono i colori e i suoni della valle.
Lo specchio lacustre occupa un circo d'origine glaciale ed è alimentato
dalla neve che si accumula copiosa sui pianori circostanti. L'acqua
assume riflessi verdi, azzurri, viola in anelli concentrici all'aumentare
della profondità che, al centro, è di circa nove metri. Gli arbusti che
colonizzano i coni detritici hanno foglie grigiastre, quasi mimetiche, e fiori
poco appariscenti, ma sono piante rare, in qualche caso endemiche, come
l'Heracleum orsinii, il Linum falvum, il Papaver rhaeticum.
Dalla tarda primavera il Lago di Pilato assume la caratteristica forma
"ad occhiale", essendo diviso in due bacini comunicanti da una fascia
centrale di detriti, mentre in piena estate, spesso, i due specchi d'acqua
si separano completamente. Le sponde, quando si avvicina il tramonto,
pullulano di minuscoli crostacei rosati e diafani che, curiosamente, nuotano
adagiati su un fianco. Sono Chirocephals Marchesonii, chiamati così
dal nome dello scienziato che per primo li ha individuati nel 1954.
Nel Pian Perduto, invece, tra giugno e settembre è possibile imbattersi
nel "Tovel dei Sibillini": un piccolo "stagno rosso", ribattezzato così
per il colore che l'acqua assume in seguito ad un fenomeno alghifero
di grande importanza e unico, attualmente, in tutto l'Appennino.
Era un fenomeno già conosciuto sui Sibillini, scoperto dai botanici
Marchesoni e Paganelli nei pantani di Accumoli quarant'anni fa
e poi scomparso.
Siamo ormai nel versante marchigiano del Parco: scendiamo
a Castelsantangelo e a Visso, dove tutto è un pullulare di sorgenti
e di torrenti che vorremmo scoprire a poco a poco. Ma non abbiamo tempo.
Attraverso l'altopiano su cui sorge il bramantesco Santuario di Macereto
il nostro itinerario giunge al lago del Fiastrone, una perla verde che l'uomo
ha inserito mirabilmente in una corona di boschi e di montagne.
Ci dirigiamo a Montefortino, da dove si accede alla località Pisciarelle, così
chiamata per i piccoli rivoli che luccicano al sole lungo una parete a picco
sul fiume Tenna, e alle gole dell'Infernaccio. Due giganti chiudono in ogni
direzione l'orizzonte: sono il monte Priora e la Sibilla, uniti in origine
da un pianoro che l'acqua del Tenna ha tagliato, come il filo di una spada,
per aprirsi una via verso l'Adriatico.
Proseguendo, le gole si spalancano su una valle piena di vita e di colori
sulla destra, un sentiero risale il Colle San Leonardo e permette
di raggiungere la chiesa costruita sull'eremo donato nel 1134
dalla Nobildonna Drusiana al convento di Santa Croce di Fonte Avellana.
Nei pressi il Salto del Rio offre intense emozioni con l'unico, elegantissimo
balzo dell'acqua di trentadue metri.
Da Foce di Montemonaco, invece, è possibile seguire un itinerario classico
dei Monti Sibillini: la Valle del Lago. La bella stagione trasforma questa
valle di origine glaciale in un'immensa, coloratissima aiuola di fiori.
Di lì si arriva alla "fonte matta" così chiamata perché il getto è intermittente,
ma vale la pena di aspettare l'acqua fresca e pura.
Una sosta nel "verde-azzurro" dei Sibillini prima di riprendere il cammino
alla scoperta di un territorio che trasmette, ancora oggi, forti emozioni.
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