Il nostro impegno
per il Countdown 2010
Il Parco valore aggiunto
per il territorio
I progetti per il territorio
Valorizzazione delle aree
e dei percorsi verdi a Visso
Riqualificazione della Valle
del Fiastrone
Il recupero di Palazzo
Leopardi a Montefortino
Un progetto per far rivivere
l’Alta Val d’Aso
Norcia: il Complesso
monumentale San Francesco
Interventi nella Valle
del Campiano
Le favolose fioriture del Parco
Fuochi all’aperto: verso
una semplificazione delle
procedure
Il Piviere tortolino:
storia di un incontro inatteso
L’Atlante degli uccelli
nidificanti
Nuove prospettive
per l’economia del Parco
L’esperienza Varnelli
tra passato e futuro
Economia e territorio:
il Marchio del Parco
Il sito del Parco Nazionale
dei Monti Sibillini
Tecnologia Open Source
per i portali del Parco
L’Associazione delle guide
del Parco
Le favolose fioriture del Parco

La primavera sorprende i Monti Sibillini quasi d’improvviso, risvegliando la
vita dal lungo torpore invernale. E come un estroso pittore dipinge il
paesaggio di mille colori, risalendo a mano a mano dalle colline fino alle
cime più alte.
I primi segnali giungono in realtà già a febbraio, quando nel sottobosco
dei querceti e dei carpineti, tra la lettiera di foglie morte, le primule e i
bucaneve annunciano che il gelo tenace dell’inverno più rigido ha ormai i
giorni contati. A marzo, le piante possono contare su un sole meno
timido, in grado di sciogliere la neve anche nei versanti esposti a nord,
formando rivoli gorgoglianti, laghetti temporanei e cascatelle. Nei boschi
collinari ancora spogli si accendono le macchie gialle del corniolo e
quelle bianche del prugnolo spinoso, mentre alle primule si
accompagnano i fiori dell’erba trinità, della viola silvestre e della scilla.
Più in alto, negli spiazzi di prato, tra l’erba ancora secca e pressata dal
peso della coltre nevosa appena sciolta, spuntano le fioriture dello
zafferano maggiore.
Ma la primavera esplode in aprile, quando i boschi e i prati cambiano
rapidamente d’abito, vestendosi del verde luminoso dei germogli e delle
giovani foglie. In collina le rosacee selvatiche e da frutto, come il ciliegio,
il mandorlo, il susino e il biancospino, gareggiano tra loro ostentando
colori e profumi “inventati” per sedurre gli insetti pronubi, a cui è affidato
l’insostituibile compito dell’impollinazione, necessaria a garantire la
riproduzione sessuale, in cambio di nutriente polline e nettare. Ma, in
fatto di espedienti escogitati per attrarre gli insetti, nessun fiore può
competere con le orchidee, le piante più evolute. Molte specie
appartenenti a questo gruppo, infatti, tra cui le ofridi, imitano fedelmente
non solo la forma, ma anche i ferormoni, cioè i richiami sessuali chimici,
di specifiche categorie di insetti impollinatori, come i bombi e le api. È
questo il sorprendente risultato di uno stretto rapporto tra specie diverse
che, in milioni di anni, si sono evolute influenzando reciprocamente le
proprie strategie di adattamento, in quello straordinario fenomeno che
prende il nome di coevoluzione. Nel territorio del Parco vivono oltre 50
specie di orchidee, dalle forme più varie e incantevoli e adattate ad
un’ampia gamma di ambienti. Le ofridi, come pure la ballerina e la
comune e appariscente orchidea maggiore, prediligono i prati aridi
collinari e spesso s’incontrano lungo i margini stradali, mentre le
cefalantere e l’orchidea macchiata crescono nell’ombra dei boschi. Ma il
maggior numero di specie di orchidee, tra cui la minore, la piramidale, la
screziata e la sambucina, che tipicamente si presenta nella duplice
colorazione rossa e gialla, crescono invece in praterie montane calcaree
che, proprio per il verificarsi di “stupende fioriture di orchidee”, sono state
ufficialmente inserite tra gli habitat di interesse comunitario.
Maggio e giugno regalano le fioriture più spettacolari dei Monti Sibillini. I
grandi fiori della peonia tingono di un rosso acceso le radure e i margini
delle faggete della Valle dell’Ambro, del Tenna e di Canatra, dove
fioriscono anche il giglio rosso e il giglio martagone. Le candide fioriture
del narciso dei poeti e quelle variegate della viola d’Eugenia si stendono
invece a perdita d’occhio sulle sconfinate distese verdi, talvolta unendosi,
come al Piano Grande, al giallo del raro tulipano montano. Nei pascoli
più utilizzati dal bestiame si stagliano alte, invece, le genziane maggiori.
Le fioriture più famose, tali da richiamare ogni anno migliaia di visitatori
e fotografi, sono però quelle che si producono sui geometrici campi
coltivati che tappezzano i Piani di Castelluccio. Protagoniste di tale
straordinario spettacolo sono in realtà le piante cosiddette “infestanti”
che invadono, pur senza danneggiarli, soprattutto i campi in cui cresce
la pregiata lenticchia. L’intensità e i colori dominanti della fioritura variano
da un anno all’altro in dipendenza dell’andamento meteorologico e delle
pratiche agricole effettuate, ma anche in relazione al periodo di fioritura
delle singole specie nel corso della stessa stagione agraria. Così, da
maggio sono soprattutto i fiori della senape selvatica a tingere di giallo i
campi, mentre più tardi, tra maggio e giugno, compare il rosso dei
papaveri e il bianco della camomilla bastarda; a giugno e luglio, talvolta
fino ad agosto, i campi inondati dai fiordalisi sembrano, se osservati da
lontano, piccoli specchi d’acqua che riflettono l’azzurro del cielo. Alcuni
appezzamenti, invece, mostrano fioriture variegate in cui nessun colore
prevale sugli altri. Il culmine della fioritura si ha generalmente a fine
giugno. Sulle cime più alte, la bella stagione è così breve da costringere
le piante a compiere in fretta il proprio ciclo riproduttivo, sfruttando al
massimo le proprie “armi” a disposizione per attrarre gli insetti
impollinatori; per questo, alle alte quote, i fiori sfoggiano colori e profumi
di intensità ineguagliabile, come il blu elettrico della genziana invernale.
Anche le forme appaiono singolari, per effetto dell’adattamento a
condizioni climatiche estreme, caratterizzate da pronunciata aridità
dovuta ai venti fortissimi, al ghiaccio persistente e al suolo pietroso.
Molte piante, tra cui la silene a cuscinetto, presentano fusti talmente
accorciati da farle sembrare dei cuscini colorati incollati alle rocce. Altre,
come la stella alpina dell’Appennino, sono ricoperte da una fitta peluria
bianca o argentea. L’alta montagna, insomma, è un regno a parte, dove
le piante, rimaste quassù isolate per migliaia di anni, sono
gradualmente mutate, diventando, spesso, nuove specie esclusive della
montagna appenninica: nobili e preziose rappresentanti del favoloso
giardino dei Sibillini.

Alessandro Rossetti


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