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Il Romanico nel Parco, arte, fede e civiltà
La presenza antica dell’uomo nel Parco - che nei secoli modella sempre
più il territorio per assecondarlo alle proprie esigenze - modifica
profondamente il paesaggio della fascia collinare e alto-collinare ma,
allo stesso tempo, lo arricchisce di elementi architettonici e artistici
di
pregio che si inseriscono perfettamente in un ambiente naturale
per buona parte incontaminato.
Il Romanico - che qui si sviluppa nel periodo che va dall’XI a tutto il XIII
Secolo - è una sorta di filo conduttore di un ideale viaggio tra le bellezze
architettoniche dei vari versanti del Parco. La varietà delle strutture,
soprattutto degli edifici di culto, rende la sua scoperta piacevole e mai
monotona, spesso anche sorprendente: non esiste un modello unico,
e i costruttori sembrano sbizzarrirsi in formule diverse anche se,
ovviamente, legate al proprio periodo storico.
Iniziamo questo ideale viaggio immaginando di entrare nel territorio del
Parco dall’alta Valle del Chienti, un tempo naturale corridoio verso
Colfiorito e l’Umbria, per rimanere subito colpiti dalle pievi che danno
origine ai nomi dei due comuni di Pieve Torina e Pievebovigliana. Mentre
della cattedrale di S.Maria Assunta, nella piazza di Pieve Torina,
possiamo ammirare - ancora ben conservati ma inseriti nella
ricostruzione Settecentesca - l’abside poligonale e una bella torre
campanaria a base scarpata, rispettivamente del ‘200 e del ‘300,
a Pievebovigliana troviamo uno tra i più celebri monumenti del Romanico
marchigiano nella cripta di S. Maria Assunta. Sempre nel comune
di Pievebovigliana si trova quello che è considerato unanimamente un
“pezzo unico” del Romanico marchigiano: la Chiesa di San Giusto di
S.Maroto, che si differenzia dalle altre per la singolare architettura
circolare che alla maggior parte degli studiosi evoca edifici di origine
romana; al cilindro principale si addossano quattro absidi nelle quali
si aprono elegantissime monofore, mentre la cura dell’esterno - decorato
con archetti pensili policromi - contrasta con la semplicità della torre
campanaria, elemento posteriore che sembra appartenere più al bisogno
di difesa che di intonazione architettonica. Non è una chiesa pievana,
infatti, ma parrocchia dei Signori feudatari di S.Maroto, che la fecero
erigere tra la seconda metà del XI Secolo e tutto il seguente.
Ci spostiamo ora verso la parte più settentrionale del Parco, salendo
anche di quota per addentrarci nella Valle del Fiastrone; qui la presenza
dei monaci Benedettini del Rio Sacro ha influenzato storia e archittettura
dell’intera vallata: di fondazione benedettina sono infatti le chiese del
Beato Ugolino (residuo di un antico monastero dedicato a S.Giovanni)
e di San Lorenzo (originaria del XI Secolo), che ben conservano la
classica struttura romanica dalla planimetria semplice in cui si ripete lo
schema della doppia navata. L’arenaria è il materiale di costruzione che
prevale nei versanti meno acclivi delle colline settentrionali , come nel
caso delle antiche pievi di San Martino in Tedico (XIII – XIV Secolo) e
di San Marco in Colpolina (antica e influente chiesa pievana con la
cripta ancora bene conservata), che al tramonto quasi brillano di un
colore rosso intenso.
L’edificio romanico più importante di quest’area è però, senz’altro,
l’abazia di S.Maria di Rio Sacro che trae le proprie origini dalla chiesa
fondata dai Benedettini intorno all’anno Mille e che diviene, in seguito,
la loro sede conventuale. Presenti già dal IX Secolo (come testimoniano
i documento che parlano di una permuta tra i Farfensi e i monaci
del Fiastrone), i benedettini si insediano nell’antico monastero di
S.Salvatore, situato intorno ai 1000 metri di quota nella valle del
Rio Sacro, per poi abbandonarlo e trasferirsi, intorno al 1500, nell’attuale
posizione. I restauri del 1956 hanno portato alla luce la bellissima cripta
del Secolo IX, posta sotto l’abside centrale e divisa in tre piccole
navatelle da colonne e pilastrini in pietra spugna.
Dopo una sosta nella piccola frazione di Monastero, nel Comune
di Cessapalombo, che ospita l’abbazia benedettina dedicata a
S.Salvatore con la bellissima cripta dell’XI Secolo, si giunge nel
versante orientale del Parco, dove i due modelli archittetonici classici
del romanico – le pievi e i monasteri – si susseguono rendendo questo
viaggio ricco di sorprese. L’autorità laica e quella ecclesiastica dominano
in un equilibrio incerto: si hanno notizie di monasteri che passano dalla
giurisdizione delle famiglie nobili a quella delle potenti abbazie del centro
Italia, subendo, in particolare, l’influenza che ebbero i Farfensi della
vicina S.Vittoria in Matenano. E così si passa dai monasteri isolati –
come l’eremo di Soffiano, o quello di S.Leonardo in Volubrio, nella Valle
del Tenna, che oggi sono poco più di ruderi o hanno perso del tutto
le forme romaniche originali – alle Abbazie di S.Ruffino e Vitale o dei
Santi Vincenzo e Anastasio, fino alle chiese di S.Francesco, dalla
facciata lineare, o la Santissima Trinità dalla tipica forma a capanna,
entrambe ad Amandola. Scendendo verso sud gli scenari non mutano,
ed ecco allora ergersi su di un colle l’antichissima Pieve di S.Angelo
in Montespino - di cui, dell’orignale struttura romanica, resta solo la
cripta - la cui giurisdizione copriva un vasto territorio. Da S.Giorgio
all’Isola, di cui si ammira, sul retro, l’abside arricchito da una piccola
monofora, a S.Lorenzo in Vallegrascia, fino a S.Maria in Lapide: è tutto
un fiorire di chiese sparse che ritagliano un proprio spazio in una natura
sempre più aspra, man mano che la presenza della montagna si fa più
incombente.
Da qui in poi, questo viaggio attraverso il Romanico nel Parco assume
contorni meno nitidi: predominano le influenze successive, spesso
fondendosi con la radicata tradizione romanica come avviene
maggiormente in tutta l’area della Valnerina. Se anche ad Arquata
del Tronto non mancano elementi residui di romanico – come, ad
esempio, nel portale della chiesa di S.Francesco a Borgo – a Norcia,
fiore all’occhiello artistico e architettonico del Parco, troviamo gli
esempi più ricchi di romanico–gotico a cominciare dalla basilica di
S.Benedetto che abbellisce la fantastica Piazza del paese.
Non si possono, ovviamente, non segnalare alcuni splendidi ed originali
esempi, di chiaro stampo romanico, come la chiesa di S.Salvatore in
cui la semplice struttura a capanna è sorprendentemente arricchita da
due portali sovrastati da due splendidi rosoni, o l’originalissima chiesa
di S.Andrea a Campi, cui è stato aggiunto il loggiato a cinque archi da
cui si apre, splendida, la visuale sulla Valle del Campiano.
Il più importante complesso religioso di quest’area è comunque l’abazia
di S.Eutizio, fiorente centro spirituale e civile di un’ampia porzione
di territorio, famoso per lo sviluppo dell’arte chirurgica. Sono del XIII
Secolo le aggiunte al primitivo monastero benedettino sorto ampliando
l’oratorio scavato nella roccia: il bel rosone sulla facciata, di timpano
triangolare, il tetto a capriata e due graziose bifore nel chiostro fanno
confluire lo stile romanico puro della chiesa nelle forme gotiche.
Stessa impronta che si ritrova a Visso, dove la fusione tra i due stili è,
anche qui, l’elemento caratterizzante come nella collegiata di S.Maria,
dall’abside poligonale e il portale arricchito da moltissimi elementi di
pregio, o nella chiesa di S.Francesco, dall’elegantissimo rosone.
Occorre salire verso l’alta valle del Nera per terminare il viaggio così
come lo abbiamo iniziato, cioè con le forme romaniche meno
contaminate; nelle chiese di S.Stefano a Castelsantangelo,
di San Martino a Gualdo e dei Santi Vincenzo e Anastasio a Casali di
Ussita ritroviamo i portali ad arco, al massimo qualche bifora o
monofora che orna semplici facciate e i campanili adornati da archetti.
Elementi che caratterizzano uno stile architettonico che, forse più di altri,
si sposa perfettamente con l’ambiente naturale circostante al punto che
sembra quasi trarne l’ispirazione ed a cui è intimamente e
indissolubilmente legato.
Michele Sensini |