I confini delle aree protette:
il caso elblematico di Ragnolo
Il nostro punto di vista
sulle energie rinnovabili
Bioedilizia, solare termico
e biomassa: un modello
di efficienza energetica
Idroelettrico:
esperienze e confronto
di piccoli produttori
Gestione del cinghiale:
risultati del Piano triennale
e prospettive future
Risultati del Piano Territoriale
Il Parco aderisce
al Programma di Azione
per la tutela
dell'Orso Marsicano
Le trappole fotografiche
per il monitaraggio
della fauna
Il Programma triennale
di conservazione del lupo
e di altri carnivori
Tre giorni con i lupi
Strategia per lo sviluppo
turistico sostenibile:
si chiude il quinquennio
attuativo
Le novità nel settore
turistico per il 2008
Uno sguardo sulle attività
nel 2008
Idroelettrico:
esperienze a confronto di piccoli produttori

Nel bilancio energetico italiano le energie rinnovabili ricoprono un ruolo
marginale, contribuendo solo per il 7.8% alla produzione energetica
nazionale; più della metà (52%) di questa fetta proviene dall’energia
idroelettrica, tradizionalmente la forma di energia rinnovabile più in uso
nel nostro paese. Il giornale del parco, nell’ambito di una piccola
inchiesta sulle energie rinnovabili, esaminò la produzione di un grande
impianto idroelettrico come il Lago di Fiastra (cfr. Voci dal Parco
n.2/2003, www.sibillini.net); oggi presentiamo ai lettori due esperienze
di privati che sfruttano l’energia idraulica per la produzione di corrente.
Gallo Ciaffoni, nel 1994, ha iniziato a restaurare un bellissimo mulino
fortificato del 1400, uno dei pochi esempi rimasti in Italia di questa tipica
architettura medievale; oggi è un signorile agriturismo che si trova lungo
il corso del Tenna, a Montefortino, dove lo incontriamo. “La mia era una
famiglia di mugnai - ci racconta - e questa è stata la nostra attività
principale fino al 1993. Nel restauro abbiamo mantenuto la macina a
pietra, che ancora utilizziamo per produrre le farine di mais o integrali
con cui cuciniamo per i nostri ospiti, ma abbiamo pensato di sfruttare
l’energia idraulica per produrre corrente.”.
Il signor Ciaffoni ha prestato un’attenzione quasi maniacale ai dettagli nel
restauro dello splendido mulino fortificato; mi mostra il piano basso
dell’agriturismo, leggermente seminterrato, dove si trova la turbina; in un
locale adiacente ha lasciato, intatto, l’ingranaggio a palmenti che
trasformava la forza dell’acqua in energia cinetica, sfruttata per far girare
le possenti macine in pietra. Osservo affascinato; di colpo l’ingranaggio
comincia a girare ed ecco uscire Gallo dal locale accanto con un sorriso
soddisfatto: è tutto ancora perfettamente funzionante. “È stata una
grande idea quella della centrale idroelettrica: i miei ospiti sono molto
affascinati dall’autonomia energetica dell’agriturismo.”. Come noi, d’altra
parte.
Veniamo ai dettagli tecnici dell’impianto che alimenta il suo agriturismo
e che gli permette di vendere elettricità, pulita, al Gestore nazionale,
ricavandone un introito con cui, in pochi anni, ha coperto l’investimento
iniziale. “L’acqua, incanalata per 500 metri, compie un salto di 10 metri
e alimenta il generatore. Ho una concessione di 800 litri/secondo,
la punta massima di produzione è di 100 Kilowatt/ora ma stiamo
parlando di cifre nominali: per garantire il Deflusso Minimo Vitale imposto
dal nuovo disciplinare delle acque del Parco, la concessione è,
in sostanza, variabile. Durante la scorsa estate, particolarmente
siccitosa, ad esempio, l’impianto è rimasto praticamente fermo.”.
Ci soffermiamo a parlare delle problematiche ambientali legate a questo
tipo di impianti e scopriamo che Gallo è molto attento a questi temi:
“l’acqua che utilizziamo non subisce alcun tipo di trasformazione,
non viene scaldata né viene a contatto con lubrificanti vari. Grazie ad
uno sbarramento molto piccolo e a uno “sghiaiatore”, che non è altro
che un piccolo deposito di sedimenti, facciamo in modo che il materiale
sedimentario del fiume venga restituito immediatamente al corso
naturale. Una griglia posta all’ingresso della condotta impedisce
l’ingresso del pesce e di altri materiali solidi. Tra questi, purtroppo,
recuperiamo anche una certa quantità di rifiuti facendo, così, anche
una piccola opera di bonifica del fiume.”.
Durante questi mesi dell’anno l’agriturismo è chiuso e Gallo Ciaffoni ne
approfitta per effettuare alcuni lavori che coinvolgeranno anche l’impianto
idroelettrico: “Abbiamo acquistato una turbina nuova fiammante che
presto sostituirà quella attuale; È allo studio la costruzione di una scala
di risalita del pesce, che consentirà alla fauna ittica di superare la
piccola barriera di derivazione. Metteremo presto anche il misuratore di
portata per il monitoraggio continuo: mensilmente verrà trasmesso un
rapporto al Coordinamento Territoriale per l’Ambiente.”.
Il nostro incontro volge al termine e, salutato il Signor Ciaffoni,
appassionato e convinto produttore di energia pulita, mi reco a
Castelsantangelo sul Nera per incontrare Paolo Angelini. Da un versante
all’altro del Parco per documentare due esperienze simili ma animate
da uno spirito diverso.
Paolo Angelini, infatti, ha speso la sua vita dietro alla centrale
idroelettrica di famiglia; a stento nasconde l’emozione mentre ci accoglie
nel cortile dell’edificio addossato alla montagna, a poche centinaia di
metri dalla sorgente del Nera. Ci lasciamo travolgere dall’entusiasmo
e ci perdiamo subito in discorsi tecnici: “Questa è la turbina a reazione
Francis, marca Calzoni, dei primi anni del secolo scorso: trasforma
la forza dell’acqua in energia cinetica. Questo è il trasformatore,
collegato alla turbina tramite la puleggia, che genera la corrente; questo
è il quadro, bellissimo, in marmo...”. Girando il vistoso interruttore
in legno, l’energia elettrica entrava nelle case di Castelsantangelo e
di tutte le sue frazioni; da una torretta sul tetto partiva la linea elettrica:
era il 1911 quando prese a funzionare la centrale costruita dall’Ingegner
Leonardo Paradisi; di lui, il Signor Angelini ci racconta di come fosse
un suo vanto aver illuminato le case di un paesino di montagna quando
nel rione romano da cui proveniva non c’era ancora la corrente.
“Quando mio padre tornò dall’America - racconta Angelini - investì i
soldi guadagnati rilevando la centralina in società con il signor Funari.
La turbina girava giorno e notte e alimentava anche un mulino che,
all’epoca, garantiva senza dubbio l’introito maggiore”. Si rammarica di
non aver avuto modo e tempo per restaurare il bellissimo mulino, situato
nella stanza più grande dell’edificio che ospita la centrale, ma si capisce
subito il perché: “Ho impiegato circa dieci anni ma ho restaurato tutto
da solo, anche l’edificio, che è praticamente finito… ho rifatto anche
il tetto da solo! Manca solo la condotta dell’acqua, che va sostituita
integralmente, poi la centralina tornerà finalmente a funzionare.
È dal 1970 che è ferma, da quando sono comparsi i primi frigoriferi,
le prime televisioni: l’ENEL rilevò solo la linea elettrica visto che la
centrale non era più sufficiente a coprire il fabbisogno del paese.”.
Prima di iniziare il restauro, Angelini ha dovuto rilevare la parte del socio
e poi quella dei fratelli; nel frattempo, passati trent’anni, è scaduta la
concessione e così ha dovuto fare una nuova richiesta: “Per sfruttare
appieno le potenzialità della turbina avrei dovuto chiedere una
concessione di 300 l/s che avrebbe generato 50 Kw/h ma in questo
primo tratto il Nera è poco più di un torrente, ha una portata media
di 800 l/s. Più si scende valle, inoltre, e più i prelievi sono consistenti:
centrali idroelettriche, captazioni, troticolture… Così ho pensato di
andare sul sicuro e chiedere solo 100 l/s per generare 15 kw/h costanti.
Il mio obbiettivo, d’altronde, è quello di ridare vita a questo piccolo
gioiello.”. L’acqua compie un salto di 16 metri e la turbina, grazie
al sistema Francis, oltre alla caduta sfrutta anche la reazione che si
crea dopo il rilascio, che avviene in un ambiente chiuso: in questo modo
l’acqua, compressa nel passaggio nel girante, genera una specie
di effetto vuoto che contribuisce anch’esso ad aumentare la forza della
turbina. “L’acqua viene raccolta sotto al pavimento della centrale, c’è un
locale, alto pochi metri, pieno d’acqua. Da qui parte un piccolo canale
di rilascio al fiume che avviene proprio qui davanti, dall’altra parte della
strada” ci dice mentre ci mostra il percorso dell’acqua. Adesso non resta
che sapere quando potremo venire a vedere la centrale in funzione: “Al
massimo entro un anno conto di aver terminato i lavori della condotta ed
essere, quindi, già in produzione…” la sua speranza.
Paolo Angelini vive nella casa che ha costruito proprio accanto alla
centrale, alla fine dell’intervista mi viene spontaneo chiedergli se, una
volta in funzione, il rumore della turbina potrà disturbare la quiete di
questo pacifico posto: “Il rumore? - gli si illuminano gli occhi, quasi come
se lo avesse ancora impresso - È silenziosissima, un leggero e dolce
sibilo. Di notte mi capita spesso di sognarlo…”

Michele Sensini


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