I confini delle aree protette:
il caso elblematico di Ragnolo
Il nostro punto di vista
sulle energie rinnovabili
Bioedilizia, solare termico
e biomassa: un modello
di efficienza energetica
Idroelettrico:
esperienze e confronto
di piccoli produttori
Gestione del cinghiale:
risultati del Piano triennale
e prospettive future
Risultati del Piano Territoriale
Il Parco aderisce
al Programma di Azione
per la tutela
dell'Orso Marsicano
Le trappole fotografiche
per il monitaraggio
della fauna
Il Programma triennale
di conservazione del lupo
e di altri carnivori
Tre giorni con i lupi
Strategia per lo sviluppo
turistico sostenibile:
si chiude il quinquennio
attuativo
Le novità nel settore
turistico per il 2008
Uno sguardo sulle attività
nel 2008
Gestione del cinghiale:
risultati del Piano triennale e prospettive future

Il 31 dicembre 2007 si concluderà l’attuazione del Piano Triennale di
gestione del cinghiale. I risultati, sinteticamente illustrati in questo
articolo, confermano che la strada intrapresa, pur se non senza difficoltà,
è quella giusta nell’affrontare uno dei problemi più complessi del Parco.
La presenza del cinghiale, infatti, ha rappresentato, sin dalla istituzione
del Parco, avvenuta nel 1993, una delle maggiori cause di conflitti sociali,
politici ed economici, soprattutto in relazione ai danni, talvolta ingenti,
arrecati da questa specie alle colture, e al suo interesse venatorio e
commerciale. Danni che, interferendo negativamente con gli
“agroecosistemi” tradizionali, e con le specie faunistiche ad essi legati,
possono essere considerati anche come fattori di indubbio squilibrio.
L’articolata strategia del Parco è stata adottata, a partire dal 1994, in
coerenza con la normativa vigente - in particolare il DM del 03/02/1990 e
la L. n. 394/1991 - e con gli indirizzi nazionali e, dal 2001, con le “Linee
guida per la gestione del cinghiale (Sus scrofa) nelle aree protette”
redatte dall’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS) e dal
Ministero dell’Ambiente. Essa ha riguardato, oltre all’indennizzo dei
danni, la realizzazione di recinzioni elettrificate, il monitoraggio sulla
consistenza e dinamica della popolazione del cinghiale e il controllo
numerico mediante prelievo selettivo tramite abbattimento e catture.
La principale finalità di tali interventi è quella di contenere la popolazione
di cinghiale entro limiti ritenuti compatibili con il mantenimento degli
equilibri ecologici e, in particolare, con gli “agroecosistemi”, contribuendo
in tal modo anche a tutelare l’agricoltura.
Le attività di monitoraggio e controllo della popolazione di cinghiale sono
state attuate nell’ambito del Piano quinquennale - giugno 1998 -
dicembre 2003 con la collaborazione dell’Università degli Studi di
Perugia - e del Piano Triennale (gennaio 2004 - dicembre 2007 dal
Laboratorio di Ecologia Applicata). Nell’ambito di tali attività un ruolo
fondamentale è ricoperto dal Corpo Forestale dello Stato -
Coordinamento Territoriale per l’Ambiente di Visso - che ha garantisce
la necessaria sorveglianza e collaborazione negli interventi di prelievo
selettivo, nonché la raccolta dei dati relativi ai danni alle colture.
Oltre a fornire informazioni indispensabili ai fini di una corretta gestione
del cinghiale, i risultati, in particolare del Piano Triennale, hanno
contribuito a sfatare alcuni dei numerosi luoghi comuni che, purtroppo,
ancora oggi, circolano su una specie tanto comune ma non altrettanto
conosciuta.


Vero o falso?
Sei risposte ad alcuni dei principali luoghi comuni sul cinghiale


Il cinghiale è un animale estraneo al territorio del Parco?
No, al contrario, esso deve essere considerato a tutti gli effetti una
specie “autoctona” in quanto si estinse dall’area dei Monti Sibillini, come
da gran parte d’Italia, solo in tempi storici recenti (XVI secolo) a causa
delle attività umane.

Il Parco ha effettuato interventi
di reintroduzione o ripopolamento di cinghiale? No, il suo ritorno nei
Sibillini è conseguente ad interventi di reintroduzione effettuati soprattutto
per finalità venatorie a partire dagli anni ’70. Al momento dell’istituzione
del Parco, avvenuta nel 1990, il cinghiale era quindi già presente e si
stava diffondendo rapidamente in gran parte dell’Appennino, favorito
anche dall’abbandono delle terre coltivate e dal conseguente aumento
delle superfici boscate. Il Parco, fin dal 1994, è invece intervenuto per il
controllo numerico della specie, attraverso interventi di prelievo selettivo.
L’unica specie faunistica finora reintrodotta dal Parco è il cervo,
attraverso interventi di immissione avviati nel 2005.

Il cinghiale “italico” presente in passato è stato sostituito da una
sottospecie dell’Europa orientale?
In realtà, non esiste una sottospecie di cinghiale “italico”: l’unica
sottospecie oggi riconosciuta in Italia è quella sarda (Sus scrofa
meridionalis), mentre la sottospecie dell’Europa orientale (Sus scrofa
scrofa) è la stessa diffusa, anche in passato, in gran parte dell’Europa
centro-meridionale. Le differenze morfologiche riscontrate tra le
popolazioni di diverse aree - il cinghiale centroeuropeo, ad esempio, è
più grande di quello “maremmano” - dipendono dall’adattamento ai diversi
ambienti. Ciò significa che, col passare delle generazioni, il cinghiale
reintrodotto in Italia sta tornando ad assomigliare a quello originariamente
presente.

I cinghiali reintrodotti sono più grandi e prolifici di quelli “italici”?
Come precisato nel precedente punto, non esiste un vero e proprio
cinghiale “italico”. Anche il tasso riproduttivo, quindi, può variare
notevolmente nelle diverse aree o nei diversi anni, in base alle condizioni
ambientali, quali il clima e la disponibilità di cibo. Nel territorio del Parco,
durante il Piano triennale, il tasso riproduttivo medio è sempre stato di
circa 4 nati per femmina gravida all’anno, con massimi di 6 o 7. Neanche
le dimensioni sono eccezionali: in media, un maschio adulto pesa circa
80 Kg, una femmina adulta 67 kg.

I cinghiali attualmente presenti sono incrociati con i maiali?
Il maiale, che non è altro che un cinghiale addomesticato dall’uomo,
molto difficilmente potrebbe sopravvivere in un ambiente naturale.
Di conseguenza, anche gli esemplari ibridi tra cinghiale e maiale
risultano di norma meno competitivi dei cinghiali “puri” e, quindi, nel
tempo tendono a scomparire. Il problema di un elevato tasso di esemplari
ibridi può tuttavia presentarsi nelle situazioni in cui vi è una stretta
convivenza tra cinghiali e maiali che possono entrare facilmente in
contatto tra loro, come accade nelle aree in cui sono presenti allevamenti
allo strato brado di maiali. Nel territorio del Parco, la presenza di ibridi
risulta molto bassa.

Il cinghiale è pericoloso per l’uomo?
No, esso teme l’uomo ed è sospettoso e schivo: appena percepisce
la presenza dell’uomo, spesso da distanze considerevoli, corre a
nascondersi nel folto della boscaglia. Alcuni individui, se fortemente
minacciati o feriti, possono comunque assumere un atteggiamento di
minaccia e “caricare”, ma senza offendere e al solo scopo di spaventare
(riuscendoci assai bene) e allontanare l’intruso.


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