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Le marcite di Norcia, simbolo di antiche tradizioni di Natalia Severini Se dovessimo dare una spiegazione al significato marcita diremo che è una pratica colturale tipica della Pianura Padana e messa in atto dai monaci di Viboldone nel XIII sec.. Oltre alla marcita lombarda più conosciuta, cè quella di Norcia di dimensioni notevolmente ridotte. Questultima è situata nellarea di minima quota della Piana di Santa Scolastica dove scorre il fiume Sordo e occupa una superficie di 70 - 100 ha dellintero piano. Prima ancora di essere una marcita, questa zona era una palude che i monaci benedettini, nel medioevo, attraverso unopera di bonifica, hanno trasformato in marcita e quindi resa fertile. Cè anche però chi sostiene che la marcita di Norcia è stata realizzata nel VI secolo d. C. ed è quindi precedente a quella Lombarda, ipotesi che porterebbe a considerare la marcita di Norcia, come la prima dItalia. Sullorigine del nome marcita ci sono diversi pareri, ma lipotesi più certa, secondo gli studiosi, pare sia quella che fa derivare il significato da unantica pratica agreste che consisteva nel far marcire sui prati irrigui, durante il periodo invernale, lultimo taglio di fieno annuale, cioè quello di settembre - ottobre, allo scopo di arricchirlo di sostanza organica. Ciò permette una crescita anticipata dellerba e la possibilità di ottenere fino a dieci raccolti allanno. Il lavoro e lingegno dei monaci è stato fondamentale, ma tutto questo non sarebbe stato possibile senza le caratteristiche ambientali di questo territorio. È qui infatti, in questa zona del piano denominata Freddara, antico nome del fiume Sordo, che si incontrano numerose sorgive ossia acque che, grazie ad un terreno molto permeabile e attraverso dei canali idrografici sotterranei, scompaiono infiltrandosi nel terreno e riaffiorano in superficie. Caratteristica delle sorgive è una temperatura costante compresa tra i 6 e i 12 gradi, condizione fondamentale per avere una produzione di erba e di foraggio sia durante il periodo daridità estiva che dinverno con la neve. Il lavoro dei benedettini è consistito nel creare una serie di canali artificiali chiamati adacquatrici, sbarrati da paratoie di legno o storcitoi, che fanno straripare lacqua in modo che irrighi gli appezzamenti di terreno, chiamate cortinelle, attraverso una serie di piccoli canali che rendono omogeneo il flusso dellacqua. Temperatura costante e flusso omogeneo sono elementi indispensabili per la sopravvivenza della marcita che altrimenti ritornerebbe una palude. Se volessimo definire con due parole le marcite, diremo che sono una serie di prati e corsi dacqua delimitati da filari di pioppi cipressini, canne di palude e salici, ma allinterno la vegetazione è molto più ricca di quanto possa sembrare e molte sono le specie erbacee che popolano lambiente. Questo paesaggio è stato per molto tempo un luogo di incontri, di mestieri, di gente che andava e veniva; un luogo soggetto a scorrerie di bande e a regolamentazioni comunali. È in questa zona ricca di acque che tra il XIII e il XIV secolo, sono sorti numerosi mulini, piccoli borghi fortificati, dove viveva il mugnaio con la propria famiglia, ma dove intorno si raccoglievano anche molti artigiani e contadini. I mulini delle marcite sono del tipo orizzontale (più rudimentali e antichi) costituiti da una ruota motrice orizzontale, a pale o a cucchiai situata in un vano seminterrato all'interno del mulino, ed un albero verticale che attraversa una macina fissa e che trasmette direttamente il moto ad una macina superiore. I mulini a ruota orizzontale sono azionati dallacqua proveniente da un canale di derivazione e hanno bisogno per il loro funzionamento di una quantità dacqua decisamente limitata: questo è il motivo per cui si costruivano soprattutto lungo i torrenti e i rii minori, consentendo tra l'altro, costi di impianto e di manutenzione molto bassi. La ricchezza dellacqua utilizzata come fonte di energia, favoriva molte attività che rendevano elevata la densità di popolazione in questo luogo. Lungo il corso del fiume Sordo, durante il Medioevo, oltre ai mulini ad acqua utilizzati per macinare grano, cerano le gualchiere, delle macchine tessili utilizzate per la lavorazione dei panni. Durante la stagione molitoria, i mulini erano azionati giorno e notte e questintensa attività richiedeva spesso lintervento di fabbri, di falegnami e muratori che garantivano una buona manutenzione degli ingranaggi e delledificio stesso. Lungo il fiume si pescavano trote e gamberi e sugli appezzamenti di terreno i contadini falciavano i prati raccogliendo il fieno sul Crinu, una cesta di vimini caricata sulla sella dellasino. In queste acque venivano i pastori a lavare le pecore e la lana. Qui si mettevano a stagnare le bigonce e si macinava la canapa che poi veniva stesa sui campi a seccare. Molti artigiani erano poi legati per necessità a queste attività. Cera il cestaio, il maniscalco, il bastaio per le selle, larrotino e il tornitore. Non va infine dimenticata lattività delle donne che oltre a quella domestica, della quale abbiamo testimonianza attraverso il Mulino Cecconi (ora Museo della Civiltà Contadina), comprendeva anche la filatura della lana. Le marcite sono tra le aree individuate negli anni settanta come uno dei biotopi più particolari dItalia e la CEE le ha introdotte tra i 92 Siti di interesse Comunitario. Per molto tempo sono state semiabbandonate, ma ora è in corso unopera di risanamento. |
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