Acqua: per una
strategia condivisa
Sorella acqua
Al via il progetto
per il “Museo dell’acqua”
L’acqua per la pace
Le marcite di Norcia,
simbolo di antiche tradizioni
L’acqua da salvare
L’Anno europeo delle
persone con disabilità
Una speranza accessibile
Foce: come coniugare turismo
e conservazione ambientale
Il Corpo Forestale
nella Valle del Lago di Pilato
Il camoscio appenninico
a Bolognola
La gestione del cinghiale
nel Parco
Il Lago di Fiastra: un serbatoio
di energia preziosa
Depurare con le piante
Ad Acquacanina inizia
la stagione dello sci di fondo
Comune di Preci, un museo
per la scuola chirurgica
Fiastra : nuova sede
per il CEA Valle del Fiastrone
A Norcia la prima Cooperativa
certificata ISO 9001:2000
Incendi e abusi,
una strategia studiata
Il nuovo bando per la gestione
delle Case del Parco
Pedalando nel Parco
I bandi di prossima uscita
Dichiarazione di Norcia
La gestione del cinghiale nel Parco
di Bernardino Ragni (Responsabile scientifico)
Enrico Cordiner, Nicola Felicetti, Sara Marini e Lolita Bizzarri (Ricercatori)

L’ormai lontano 22 giugno 1998 ha avuto inizio il “Programma
Quinquennale di Gestione del Cinghiale e di Monitoraggio dell’Orso bruno
e della Lince eurasiatica”, in collaborazione con il Dipartimento di Biologia
Animale ed Ecologia dell’Università di Perugia. Questo Programma,
che oggi si avvia alla sua conclusione, è stato preceduto da una
altrettanto lunga fase preliminare di ricerca, studio e sperimentazione
iniziata nel 1994, in particolare nel settore umbro del Parco (Norcia
e Preci).
Il nostro gruppo di ricerca è stato il primo in Italia, in conformità con l’art.
11 comma 4 della Legge Quadro sulle Aree Protette n. 394/91, ad avviare
un progetto di gestione del cinghiale all’interno di un Parco Nazionale e
vogliamo tracciare un breve resoconto di questa particolare avventura.
Non sono mancate le difficoltà, è inutile negarlo, e soprattutto all’inizio,
da più parti del mondo accademico e ambientalista, abbiamo ricevuto
delle critiche per aver “introdotto” le armi nel Parco. È vero, questo
è avvenuto, ma sempre in maniera scrupolosamente rigorosa, con il
controllo e la sorveglianza del personale del CTA e sotto la nostra
direzione, giorno dopo giorno. Ed è bene rimarcarlo, nessun incidente
e nessun atto lesivo nei confronti della fauna si sono verificati in questi
cinque anni che hanno visto il considerevole numero di circa 9000
giornate-operatore effettuate. Ma, soprattutto, nessuna battuta-braccata
condotta con il metodo tradizionale, ha mai messo piede (e cane) nel
Parco, scongiurando così il nefasto impatto sull’ambiente derivante da
questa attività. Al contrario, il metodo che abbiamo utilizzato per il
controllo della popolazione del cinghiale nel Parco, quello
dell’appostamento fisso individuale con carabine ad alta precisione,
ha un impatto quasi irrilevante.
Ma oltre alle difficoltà, non sono mancati gli aspetti positivi, i risultati,
le soddisfazioni: quando abbiamo condotto le operazioni di prelievo con
continuità sia in termini spaziali che temporali, siamo riusciti ad incidere
significativamente sulla popolazione e, di conseguenza, a ridurre i danni
alle preziose, tradizionali ed antiche colture del Parco.

Abbiamo coordinato e guidato questo inusuale esperimento di
collaborazione tra cacciatori e Parco Nazionale, che si è rivelato uno
dei punti di forza nello sviluppo di una coscienza consapevole
dell’importanza e della necessità del Parco tra la sua cittadinanza
residente. Tuttavia la parola “cacciatore” è stata immediatamente bandita:
abbiamo utilizzato il termine operatori di selezione. Dopo due corsi e tre
sessioni di esami ne sono stati abilitati ben 155 per lo più residenti nei
comuni del Parco; si tratta di persone che svolgono, volontariamente,
questo importante servizio per il Parco e per la comunità investendo molto
del loro tempo e delle loro risorse.
Un grande rilievo hanno ovviamente rivestito gli aspetti scientifici: abbiamo
effettuato un continuo monitoraggio della popolazione del cinghiale nel
Parco valutandone la struttura e la dinamica di popolazione, gli aspetti
riproduttivi, gli individui abbattuti e la consistenza numerica; abbiamo
effettuato l’analisi del grado di ibridazione con il maiale domestico
attraverso esami genetici e dei caratteri fenotipici; abbiamo effettuato la
caratterizzazione del cinghiale del Parco attraverso la misurazione di
diversi parametri morfometrici e craniometrici. E, per finire, abbiamo
dotato 4 individui adulti catturati di radiocollare e li abbiamo rimessi
in libertà: questo ci permette di studiare l’uso dello spazio e dell’habitat
sia dentro che fuori il Parco.

Un altro aspetto della gestione della popolazione del cinghiale riguarda
il programma di trappolamento, e anche per questo ci siamo avvalsi della
collaborazione di gestori residenti. Non mancano punti deboli a questo
tipo di attività e non ne abbiamo mai fatto mistero: la scarsa selettività
nei confronti di altre specie, la scarsa selettività nei confronti degli individui
adulti, le difficoltà legate all’abbattimento in loco, la facilità di sabotaggio
dei dispositivi di cattura. In particolare la scarsa selettività degli individui
adulti fa di questo sistema un metodo più efficace per il mantenimento
piuttosto che per il controllo e la riduzione della popolazione. Tuttavia, fin
dall’avvio del Piano, sono state attivate e seguite otto trappole nel Parco
che hanno effettuato catture, dato importanti indicazioni e fornito la
“materia prima” per il programma di radiotelemetria. Il numero delle
trappole attivate oggi è salito ad undici.
vedi tabella 1
La nostra esperienza in questi di anni di lavoro nel Parco ci ha portato
a conoscere la enorme plasticità ecologica del cinghiale e la sua capacità
di reagire immediatamente a stimoli ambientali indotti e non, attraverso
strategie adattative e riproduttive complesse che rendono la sua gestione
sì difficile e problematica, ma comunque possibile.
Ci stiamo avviando, come detto, alla conclusione, ma stiamo valutando,
insieme agli organi competenti dell’Ente Parco e del CTA, le migliori
strategie possibili per proseguire la nostra avventura, pur in questo
momento di oggettiva difficoltà in cui versano i Parchi Nazionali italiani.
Un ulteriore salto di qualità potrà essere fatto in futuro con una mirata e
significativa qualificazione degli operatori di selezione, che costituiscono
il cuore, il “valore aggiunto” della nostra operazione e con l’attivazione
di una vera e propria filiera del cinghiale che possa valorizzare la risorsa
attraverso la risoluzione del problema.





Grafico 1. Appare evidente come, in corrispondenza di anni, in cui il prelievo
selettivo è stato più incisivo (il I° e il IV°), la popolazione di cinghiale sia
diminuita

Figura 1. Spazio vitale utilizzato dai due maschi (M1 e M2) seguiti con
il metodo radiotelemetrico da settembre 2002 a settembre 2003

Tabella 1. I risultati ottenuti nel V° anno sono evidenziati nella tabella,
che prende in considerazione solo le sei trappole che hanno funzionato
efficacemente.
Sono stati catturati 96 cinghiali e ne sono stati abbattuti 84. Ben 38 individui
(pari al 40% del totale) appartenevano alla classe di età più giovane: gli striati


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