Acqua: per una
strategia condivisa
Sorella acqua
Al via il progetto
per il “Museo dell’acqua”
L’acqua per la pace
Le marcite di Norcia,
simbolo di antiche tradizioni
L’acqua da salvare
L’Anno europeo delle
persone con disabilità
Una speranza accessibile
Foce: come coniugare turismo
e conservazione ambientale
Il Corpo Forestale
nella Valle del Lago di Pilato
Il camoscio appenninico
a Bolognola
La gestione del cinghiale
nel Parco
Il Lago di Fiastra: un serbatoio
di energia preziosa
Depurare con le piante
Ad Acquacanina inizia
la stagione dello sci di fondo
Comune di Preci, un museo
per la scuola chirurgica
Fiastra : nuova sede
per il CEA Valle del Fiastrone
A Norcia la prima Cooperativa
certificata ISO 9001:2000
Incendi e abusi,
una strategia studiata
Il nuovo bando per la gestione
delle Case del Parco
Pedalando nel Parco
I bandi di prossima uscita
Dichiarazione di Norcia
L’acqua per la pace
iIntervista a Walter Mazzitti, Presidente della Task Force europea
sull’acqua per il processo di pace in Medio Oriente
di Michele Sensini

Non sono in molti a saperlo, ma il processo di pace per il Medio Oriente
passa anche per il Gran Sasso: l’Unione Europea ha istituito una Task
Force sull’acqua proprio per favorire il processo di pace in Medio Oriente
e a capo di questa Task Force troviamo il Presidente del vicino Parco
Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, Walter Mazzitti.
Un compito internazionale di grande rilevanza che evidenzia ancora una
volta l’importante ruolo delle aree protette, sedi delle riserve d’acqua più
importanti del nostro paese, nelle questioni idriche.
Presidente, come può l’acqua favorire il processo di pace in Medio
Oriente?
“L’accaparramento delle fonti idriche da parte di qualcuno, come Israele
durante la Guerra dei sei giorni, è stato uno degli elementi che hanno
determinato lo stato in cui versano gli stati del Medio Oriente.
La situazione orografica della regione, che vede importanti fiumi
attraversare paesi in guerra tra loro, è la chiave di volta di tutta la
questione: occorre ripartire da quelli che sono stati, e purtroppo ancora
sono, gli elementi di discordia per costruire la pace. Individuando
nell’acqua il nodo centrale, l’Unione europea vuole contribuire in maniera
determinante al processo di pace. Io presiedo da tre anni questa Task
Force di cui fanno parte rappresentanti dei quindici paesi membri
dell’Unione e si discute su quelle che possono essere le azioni che
l’Unione Europea può intraprendere per favorire il processo di pace in
questa tormentata regione”.
Quali sono queste azioni?
“Chiaramente l’Europa agisce sulla scorta di quelle che sono state le linee
approvate, sia sul piano pratico che su quello politico. Spesso mi reco
direttamente sui territori ed ho incontri ai più alti livelli con i rappresentanti
dei Paesi implicati, prima di tutto Israele e Palestina, ma anche Libano,
Giordania e Siria: uno degli obbiettivi più importanti della Task Force è
proprio fare si che il confronto non si limiti ai due principali contendenti
ma sia aperto a tutti i paesi della regione, dove le risorse idriche sono
articolate in maniera tale che esiste una forte interconnessione
tra i paesi”.
Quindi ha incontri con le più alte sfere politiche dei paesi medio orientali…
“Non solo. Il ruolo europeo è anche quello di guardare in avanti: mettere in
moto programmi e azioni che coinvolgano tutti; la scarsezza delle risorse
idriche giocherà un ruolo importante e, in quest’ottica, è determinante
l’approccio che avranno i cittadini e tutti i soggetti che utilizzano e che
utilizzeranno l’acqua in futuro. Lavoriamo presso i governi dei vari paesi
per diffondere informazioni capaci di diramare capillarmente una cultura
dell’acqua, così come profondiamo il nostro impegno per favorire
lo scambio di informazioni tra i paesi ed accrescere la sensibilità
su questo elemento così importante”.
Quali sono i risultati più importanti che la vostra mediazione è stata
capace di realizzare?
“In questo momento ci stiamo occupando di un tema delicatissimo che,
a causa di un fiume transfrontaliero, ha rischiato lo scatenamento di una
nuova guerra tra Israele e Libano. L’Europa ha giocato un ruolo chiave
facendo dialogare tra loro due paesi storicamente invisi l’uno all’altro.
Ma penso piuttosto ai risultati che possiamo ottenere nel quadro di una
situazione assai complessa. Molti dei territori che dovranno essere
rilasciati da Israele sono ricchi di fonti idriche, sono territori strategici che
nel ’67 furono oggetto di azioni di guerra proprio per queste ragioni.
Pensiamo al territorio del Golan, che fu occupato per ottenere il controllo
totale del Lago di Tiberiade, comprese le sponde che si affacciano sulla
Siria. Il Governo israeliano non vuole assolutamente cedere il controllo del
Lago - che costituisce la più grande riserva d’acqua della nazione - e ben
presto il problema si presenterà in tutta la sua complessità. Pur essendo
difficile, oggi, ipotizzare un rilascio di quei territori, dobbiamo rilevare i
grandi passi in avanti intrapresi dagli israeliani che in questi mesi stanno
realizzando tre grandi impianti di dissalazione capaci di generare fino
a 500 milioni di metri cubi l’anno d’acqua. Si tratta di impianti
costosissimi, ma lo stesso Governo israeliano capisce di non avere
alternative: deve trovare fonti idriche che non siano quelle dei territori
occupati”.
Veniamo a questioni sicuramente meno importanti ma che ci toccano più
da vicino: i conflitti esistono anche tra le aree montane, grandi riserve di
acqua, e le aree urbane che, invece, ne hanno un grande bisogno.
“Gran parte dell’acqua che viene distribuita in Abruzzo proviene dal
territorio del nostro Parco, non a caso i Monti della Laga sono una delle
più grandi riserve idriche d’Italia. Conosciamo bene il problema e proprio
per questo abbiamo stilato una “Carta dei Princìpi” in cui indichiamo dieci
punti chiave per la conservazione e la valorizzazione delle acque dolci
nelle aree protette: pensiamo che questa carta possa essere utile a tutte
le aree protette del mondo e, in generale, a tutte le grandi riserve
acquifere. Le aree protette e i Parchi devono e possono svolgere un ruolo
determinante per la conservazione e il miglioramento della qualità delle
acque in quanto sono i primi responsabili della gestione delle acque,
sia sul piano pratico, vale a dire sul piano della conservazione, ma anche
su un piano prettamente culturale: dobbiamo lanciare dei messaggi,
innanzitutto ai cittadini del Parco che convivono con questo bene prezioso.
Credo che la crescita della sensibilità e dell’attenzione della gente su
questo tema possa essere l’arma vincente; sono fermamente convinto
che non saranno necessari solo ed esclusivamente grandi investimenti,
la cosa fondamentale sarà avere la piena consapevolezza che l’acqua
è il bene più prezioso della vita. Dobbiamo lavorare per promuovere un uso
più razionale dei consumi, soprattutto presso gli agricoltori che, a mio
parere, sono quelli che fanno dell’acqua l’uso più indiscriminato, convinti
come sono che più ne hanno e meglio è per loro”.
Come coniuga la sua carica di Presidente del Parco Nazionale del Gran
Sasso con il prestigioso ruolo internazionale che ricopre?
“In occasione di un recente convegno ho portato nel Gran Sasso uno dei
maggiori protagonisti delle trattative internazionali per la pace, il capo
della Palestinian Water Authority, Fadel Ka’Wash. È un rappresentate
dell’Autorità palestinese per il negoziato di pace ed incontra gli israeliani
per cercare soluzioni a medio e lungo termine: esiste una Join Water
Comitee, una commissione bilaterale, che si riunisce periodicamente per
esaminare i problemi più urgenti che possono essere risolti attraverso
soluzioni concordate. Uno di questi problemi è la necessità di aprire nuovi
pozzi dal momento che un terzo della popolazione palestinese non ha
materialmente contatto con l’acqua e compie chilometri a piedi per
l’approvvigionamento. I ritorni negativi per l’economia e l’agricoltura sono
sotto gli occhi di tutti, basti pensare che in Israele il 90% del territorio
è coltivabile mentre in Palestina tale superficie arriva solo al 30%.
Abbiamo avuto la grande fortuna di avere Ka’ Wash con noi, un uomo
molto saggio e ponderato che ci ha lasciato un’importante testimonianza.
Nonostante tutto, nonostante i morti, i feriti e gli attentati, i negoziati per
la pace proseguono tutti i giorni e, così, ci ha confidato una sua certezza:
crede fermamente nella pace ed è certo di arrivarci attraverso l’acqua,
sicuramente l’elemento più importante del futuro; al di là di quelli che
saranno i risultati che potranno conseguire gli altri negoziati, pur
importanti che possano essere, necessariamente occorrerà passare
attraverso il problema centrale che è quello delle risorse idriche”.


I numeri pubblicati home